Cappato: “L’Italia in ritardo nella libertà di ricerca scientifica”

marco cappato*
 

Il Congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica , organizzato dall’associazione Luca Coscioni, è iniziato oggi a Bruxelles. Il titolo dell’evento è «Scienza e democrazia», con dibattiti e contributi offerti da eccellenze mondiali appartenenti ai campi dell’editing del genoma, sia umano che vegetale, tecniche di riproduzione assistita, diritti riproduttivi, discriminazione di genere nella scienza e ricerca su sostanze psicotrope e narcotiche controllate (Qui il programma).

 Pubblichiamo un intervento di Marco Cappato, leader dell’associazione Luca Coscioni, che presenta l’iniziativa.

In una società fondata sempre più sulla raccolta e l’elaborazione di dati/informazioni, è la conoscenza -prima ancora del reddito- la risorsa più importante da “redistribuire” per arginare gli squilibri sociali e economici disfunzionali che minano alla base la credibilità delle democrazie liberali.

Tra tutte le forme di conoscenza, quella scientifica esercita una funzione di primaria importanza per sviluppare gli anticorpi contro le manipolazioni ideologiche. Dovrebbero tenerne conto le forze partitiche eredi delle grandi tradizioni del pensiero politico nate con la democrazia parlamentare -liberali, socialisti, popolari- che si trovano in condizioni di crisi profonda , non potendo più contare sul consenso creato attraverso il welfare tradizionale , la redistribuzione di risorse economiche che si vanno esaurendo o l’offerta di diritti politici e civili che sono percepiti come una acquisizione scontata.

 

Il Congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica, che si riunirà dall’11 al 13 aprile presso il Parlamento europeo di Bruxelles, riunisce da 12 anni allo stesso tavolo scienziati, politici e cittadini per discutere come il metodo scientifico possa contribuire ad arginare la crisi del metodo democratico: «La Scienza per la Democrazia» è il titolo di questa quinta riunione del Congresso.

 

Lo strumento istituzionale che l’associazione Luca Coscioni ha individuato anni fa come grimaldello per mettere la conoscenza scientifica e le sue applicazioni al servizio dei cittadini e andare verso un nuovo «welfare della conoscenza», è quello che alcuni giuristi hanno iniziato a chiamare «diritto alla scienza». Non si tratta di un diritto nuovo, in quanto è già incluso della Convenzione Onu sui diritti economico sociali e culturali, laddove si afferma non solo la libertà indispensabile agli scienziati per condurre le loro ricerche, ma anche il diritto di tutti i cittadini di beneficiare del progresso scientifico.

 

L’effettiva applicazione del «diritto alla scienza» rappresenta forse l’ultima speranza per evitare che le democrazie liberali -cioè democrazia e Stato di diritto- siano travolte dagli sconvolgimenti in corso a causa del progresso tecnologico, ed ottenere che invece li riescano a migliorare il loro funzionamento fortificandosi. Il combinato disposto della modifica genetica di precisione su vegetali e animali (e dunque anche sugli esseri umani), dell’intelligenza artificiale e della possibilità di intervento sul funzionamento della mente umana, avrà come effetto già nei prossimi decenni un cambiamento dei modi di manifestarsi della natura umana , con la prospettiva alla lunga anche di cambiarne alcuni tratti. L’illusione reazionaria di rispondere attraverso proibizioni e barriere “etiche” è destinata ad aggravare il dominio di logiche di mero interesse economico /egoistico, le quali, se non governate, porterebbero verso una umanità geneticamente migliorata e “aumentata” solo per chi se lo può permettere o secondo direzioni decise illiberalmente dai governanti stessi. Il principio dell’uguaglianza dei cittadini alla nascita diventerebbe definitivamente lettera morta, ponendo una pietra tombale sulla possibilità stessa di esistenza di una democrazia liberale.

 

L’alternativa è usare democrazia e «rule of law» per ottenere a livello globale che il «diritto alla scienza» sia rispettato, e che i miglioramenti che impattano sulla stessa natura umana siano realizzati a beneficio di tutti. Per andare in questa direzione è necessario che gli scienziati siano lasciati liberi di condurre le proprie ricerche in un contesto di economia di mercato (contro abusi di posizione dominante) e di continuo confronto con i cittadini e con i decisori politici. Nel pieno rispetto delle reciproche autonomie, il confronto democratico sui temi della scienza è indispensabile per trafiggere i fantasmi di ansie e allarmismi che temi molto delicati -con orribile espressione definiti “eticamente sensibili”- generano. I decisori politici devono, a loro volta, fare scelte basate su fatti controllati, e confrontare le aspettative delle politiche attuate con i risultati concreti da esse prodotte.

 

In tale quadro di libertà e reciproco rispetto del lavoro compiuto dalla comunità scientifica e dalle istituzioni democratiche, si deve inserire una nuova politica di redistribuzione che sia orientata alla diffusione della conoscenza -attraverso investimenti nell’istruzione e nella formazione , permanente che includano l’apprendimento del metodo scientifico nelle articolate forme che ne caratterizzano l’uso nella ricerca di base e applicata – e che garantisca l’accesso il più possibile egualitario su scala globale agli interventi di miglioramento della natura umana.

 

Azioni di tale portata non sono fuori dalle possibilità economiche di intervento delle esangui democrazie liberali. Se è vero che una buona scuola costa, è anche vero che la conoscenza non è un bene definito dal consumo esclusivo ed è un investimento più che una semplice spesa, come dimostrano tutti i modelli econometrici. La sua produzione e diffusione è dunque più accessibile sul piano economico di quanto non lo siano politiche di mera redistribuzione di beni materiali, condotte con l’illusione di arginare il senso di esclusione e marginalizzazione di buona parte della popolazione, attraverso trasferimenti economici di portata tale da essere incompatibili con l’economia di mercato e lo stesso liberalismo. Non a caso, il tratto comune di ogni forza politica che ritiene superate le “vecchie democrazia” è la promessa di interventismi economici sotto varia forma (statalismo, protezionismo, corporativismo, assistenzialismo), la cui irrealizzabilità è sempre imputata al nemico esterno e al fantasma del cosmopolitismo o globalismo.

 

Il Congresso mondiale per la libertà di ricerca, finalizzato all’affermazione del diritto alla scienza a livello globale, si propone di aprire la strada a un nuovo welfare della conoscenza che restituisca obiettivi e slancio ideale alle democrazie liberali. Se quel che resta del vecchio «Occidente democratico» non saprà essere punto di riferimento della nuova rivoluzione scientifica, alla marginalità tecnologica corrisponderà presto quella economico-sociale e, di conseguenza, quella politica.

LA STAMPA

 

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