Così Salvini e Di Maio puntano a mettere Berlusconi nell’angolo

amedeo la mattina, ilario lombardo
roma
 

C’è aria di pre-accordo, perlomeno in casa 5 Stelle. Nelle dichiarazioni pubbliche si attaccano, si punzecchiano, ma poi, quando Matteo Salvini e Luigi Di Maio si telefonano trovano sempre un modo per ritrovare il sereno e stringere un’intesa. Come è successo ieri. I due hanno cambiato assieme, e improvvisamente, il nome del presidente della commissione speciale della Camera: sarà un leghista, come previsto, ma è Nicola Molteni e non più Giancarlo Giorgetti, che resta capogruppo e potrà così avere le mai libere per trattare la formazione del governo e partecipare al cruciale Documento di economia e finanza, il primo embrione dell’alleanza che porta a Palazzo Chigi. Giorgetti, infatti, sta già lavorando spalla a spalla con i grillini, ennesima prova di una liaison sempre più stretta ed esclusiva.

 Il Def sarà una delle prove che Di Maio porterà in dote al Quirinale. Uno di quei «passi in avanti» di cui vuole parlare «prima» a Sergio Mattarella e che ancora ieri ha detto di aver registrato in questa settimana di faticosi negoziati aperti sia con il Pd sia con la Lega. Al presidente della Repubblica illustrerà la novità annunciata ieri dallo studio di Porta a Porta, la nascita di un «comitato scientifico» che avrà il compito di sintetizzare il contratto alla tedesca offerto dal M5S. Per guidarlo è stato arruolato Giacinto Della Cananea, docente di Diritto amministrativo a Tor Vergata e grande esperto della formula adottata in Germania per conciliare i programmi di due partiti costretti a governare assieme. «Da lì nasceranno veri e propri disegni di legge» dice Di Maio, desideroso di dimostrare al Capo dello Stato che il M5S non starà fermo fino a metà maggio ed è pronto a presentare una prima bozza di contratto.<

 

C’è molto ottimismo e anche molta speranza nelle parole del capo politico del M5S. Nel Carroccio subito minimizzano, giurano che l’alleanza con Forza Italia e Fratelli d’Italia è granitica, ma sono gli altri che cominciano a crederci meno. Di Maio spiega che la scelta di Molteni in fondo è «un’intesa istituzionale» «per rendere operative le Camere». Eppure ne erano al corrente solo lui e Salvini, nessun altro: tagliati fuori gli altri partiti, a cominciare da Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, furiosi per l’esclusione. E così, come da copione, prima di salire tutti assieme al Colle, nel pomeriggio, ci sarà un vertice a Palazzo Grazioli per chiarirsi. Altrimenti meglio andare ognuno per conto suo, senza più una delegazione unitaria. Un’idea che per qualche minuto è balenata a Berlusconi.

 

L’ex Cavaliere vorrebbe fosse il centrodestra a tentare la via del governo e lo dirà a Mattarella. Il problema è chi dovrebbe ricevere l’incarico. Salvini non ne vuole sapere, né per sé né per altri del suo partito (leggi ancora: Giorgetti). Una posizione che ha condiviso ieri al telefono con Di Maio. Il grillino prima di qualsiasi richiesta vuole blindare il patto con il leghista. E sa che al leader del Carroccio serve tempo. Glielo ha chiesto lui: ha bisogno di andare oltre le elezioni regionali del Molise e del Friuli. Questo tempo, il capo grillino glielo vuole concedere volentieri perché è convinto che gli sia necessario per consumare lo strappo con Berlusconi. «Il male assoluto» come lo ha definito Alessandro Di Battista, tanto per ricordare a Salvini (ma anche a Di Maio) la storia del M5S: «Prima il leghista se ne libera meglio è». «Consenta alle nuove generazioni di dare una speranza a questo Paese», aggiunge Di Maio, disposto ad aspettare che «maturino le condizioni» anche nel Pd, che prevalga tra i dem la linea di Dario Franceschini, immaginando che il ministro della Cultura interpreti i sentimenti di Mattarella.

 

Salvini, da parte sua, teme poco il doppio gioco dei grillini, ma non sottovaluta la sponda di una parte del Pd. Per questo vuole vincere in Friuli e tentare la doppietta con il Molise: così da poter dire di essere il vero «capitano» del centrodestra e anche far capire a Di Maio che deve «abbassare la cresta». Da Terni ha avvertito il capo del M5S con citazioni cinefile: la smetta di dire «no, no, no, io, io, io e fare come Alberto Sordi nel Marchese del Grillo “Io so’ io e voi siete un po’ meno”». Invece, al telefono gliel’ha messa giù così: «Guarda, Luigi, che se continui a dire no a Forza Italia, oltre che a Berlusconi, e che l’incarico di premier spetta solo a te e non fai un passo indietro come l’ho fatto io, va a finire che andiamo a sbattere entrambi e torniamo a votare. Tu aspetti che le cose maturino, ma il rischio è che tutto marcisca».

LA STAMPA

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