Candidato pure un condannato definitivo

Non solo massoni e furbetti del rimborso, tra i candidati del Movimento 5 Stelle spunta pure un condannato in via definitiva.

Pino Masciari, candidato al Senato nel collegio uninominale Piemonte 1 di Settimo Torinese, è una sorta di alter ego di Beppe Grillo. Nel senso che i due hanno in comune lo stesso reato: omicidio colposo.

Imprenditore edile calabrese, il pentastellato è stato condannato dalla Corte di Appello di Catanzaro il 29 gennaio 1998 per negligenze delle norme anti infortunistiche dell’azienda di cui era al vertice. Nel 2012 la Cassazione ha respinto la sua domanda diretta a ottenere la riabilitazione dal reato e ha definito il suo ricorso «inammissibile perché articola motivi generici e, comunque, manifestamente infondati». Motivo?

 

«Non erano state pagate le spese di giustizia né risultavano adempiute le obbligazioni civili per risarcimento dei danni derivanti dal reato, posto che, dalla documentazione prodotta, era emerso che ai congiunti della vittima dell’omicidio il Masciari, all’epoca imprenditore edile, aveva corrisposto solo la somma di euro seimila in sede di concordato fallimentare, da ritenersi del tutto insufficiente a risarcire il danno derivato dal reato anche alla luce della provvisionale di euro 30.000 stabilita in sentenza», scrive la Cassazione.

Masciari in Calabria è considerato uno dei simboli dell’antimafia: su di lui è stato girato anche un docu-film. È stato testimone di giustizia ed è stato sottoposto per anni a un programma speciale di protezione per aver denunciato la ‘ndrangheta e la collusione di politici locali. Già da qualche tempo il suo nome circolava negli ambienti del Movimento 5 Stelle, tanto che durante la campagna elettorale del maggio 2014, era stato proposto per il ruolo di assessore ai Lavori pubblici nelle giunte comunali di Leinì e di Piossasco, entrambi nel Torinese. Erano ancora i tempi dell’intransigenza grillina e della rigidità dello statuto che considerava i politici condannati alla stregua della peste. Nell’ultimo anno però le regole del codice pentastellato sono cambiate. «Costituisce condotta grave ed incompatibile con la candidatura ed il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo». Quest’ultima parola ha stravolto tutto: mentre prima bastava avere la fedina penale macchiata per essere esclusi (tanto che Beppe Grillo aveva più volte ammesso di essere incandidabile), adesso è necessaria la presenza del dolo. Una correzione che permetterebbe anche allo stesso Grillo di farsi eleggere.

«Mi candido perché con i valori di onestà e legalità, pilastri morali sui quali la mia vita si è contraddistinta, voglio essere partecipe all’interno di una forza politica che, su questi stessi principi, vuole il cambiamento di cui questo nostro Paese ha bisogno», ha scritto Masciari su Facebook annunciando la propria candidatura. Una candidatura che adesso può filare, in teoria, liscia come l’olio. Ammesso che i vertici del Movimento 5 Stelle fossero al corrente della fedina penale del loro candidato.

IL GIORNALE

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.