L’eredità che lascia Padoan: una procedura d’infrazione Ue

Nel gotha della politica e della finanza mondiale c’è, «attesa», se non preoccupazione, per le elezioni italiane, ha spiegato ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Ma in palazzi del potere più consueti di Davos, c’è chi non ha aspettato le elezioni per dare un giudizio negativo su quello che è stato fatto dall’ultimo governo sul fronte dei conti pubblici. E ha ipotecato le scelte del prossimo esecutivo. La notizia è che per la prima volta la Commissione europea ha parlato esplicitamente di procedura di infrazione per deficit eccessivo a carico dell’Italia. Chiaramente da attivare dopo le elezioni. L’opzione è emersa durante un dibattito che si è tenuto nel collegio dei commissari il 22 novembre scorso, il cui processo verbale è stato reso noto dall’agenzia stampa Agi. Il vicepresidente responsabile per l’Euro, Valdis Dombrovskis, nel corso della riunione ha spiegato che se la situazione dei conti italiani per il 2018 «non migliora la Commissione potrebbe adottare il prossimo maggio un rapporto ai sensi dell’articolo 126 paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Ue e di conseguenza aprire una procedura per deficit eccessivo».

Quello che non è mai stato ammesso alle conferenze stampa ufficiali è quindi emerso in una riunione semisegreta. Complice sicuramente il clima elettorale e una duplice preoccupazione europea: quella di non fomentare sentimenti anti Ue, nei paesi che stanno per votare e anche quella di non danneggiare l’esecutivo italiano uscente.

Ma sul merito del giudizio non ci sono dubbi. Dombrovskis ha parlato dell’Italia come del «caso più complesso». Lo stesso giorno la Commissione aveva mandato a Padoan una lettera per chiedere precisazioni sul Bilancio 2018.

Fino ad oggi siamo stati graziati, sempre dal punto di vista di Bruxelles, solo grazie alla flessibilità concessa. Ma per il 2018 l’Italia «presenta un rischio di non-conformità, anche tenendo conto del margine di apprezzamento e della riduzione dello sforzo strutturale richiesto (all’Italia) dallo 0,6 allo 0,3% del Pil».

Mancano all’appello sicuramente 3 miliardi sui quali ancora pende il giudizio europeo che arriverà solo in primavera. Ma la cifra in ballo potrebbe essere superiore, fino a 6 miliardi. Impossibile un’altra deroga. A confermarlo durante la riunione di novembre, il commissario più morbido con l’Italia, il responsabile degli Affari economici Pierre Moscovici. Nella lettera, ha spiegato, vengono messe in evidenza «le preoccupazioni sulla situazione di bilancio italiano» e si annuncia «una nuova tappa nel maggio 2018».

Ieri un altro richiamo chiaramente diretto all’Italia è arrivata anche dal presidente della Bce Mario Draghi, quando ha detto che «i paesi con un alto debito devono proseguire nel rafforzamento dei bilanci».

«È la prima volta che la Commissione menziona esplicitamente la possibilità di aprire una procedura d’infrazione», ha ricordato Renato Brunetta di Forza Italia. Il prossimo governo, «sarà costretto a varare subito un intervento correttivo per sistemare la disastrosa eredità lasciata dai 5 anni di governo della sinistra». E Padoan, pochi giorni fa «parlava di fatine blu per commentare la proposta rivoluzionaria della flat tax».

Ieri Moscovici ha assicurato che l’Ue non vuole influire sulle elezioni. Ma sulle decisioni del prossimo governo, sottinteso, sì.

IL GIORNALE

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