Se è vero che delle specie animali quella umana è l’unica che non impara mai nulla dai propri errori, verissimo è che tra i diversi tipi della specie umana svetta per perseveranza la sottospecie dei tecnocrati europei. E più in generale l’establishment globale. L’abbiamo visto con Donald Trump negli Stati Uniti, con Brexit nel Regno Unito, con Mateusz Morawiecki in Polonia, con Heinz Christian Strache in Austria… C’è persino mancato poco che, a furia di dipingerla come il diavolo, una come Marine Le Pen diventasse presidente della Repubblica francese. No, con tutta evidenza la demonizzazione non paga. Anzi, secondo l’antica regola dell’eterogenesi dei fini, tende a produrre effetti opposti a quelli auspicati. E si capisce. Il sentimento di ostilità nei confronti delle istituzioni europee non è frutto di un pregiudizio, ma è figlio dell’esperienza storica. Non c’è stata crisi politica, economica o sociale che abbia visto la cosiddetta Europa accreditarsi come possibile soluzione.

A torto o a ragione, la percezione è stata opposta: se le cose vanno di male in peggio è colpa dell’Europa. Non è del tutto vero, non è del tutto falso. Ma è questo, ormai, il sentimento diffuso. Poi, certo. l’esperienza storica ci ha anche insegnato che chi promette la rivoluzione di regola bluffa, o quantomeno si illude. L’abbiamo visto con Tsipras in Grecia, con Hollande in Francia, con Farage nel Regno Unito, con Puigdemont in Catalogna… I cambiamenti politici richiedono tempi lunghi e, nell’era della globalizzazione, vaste alleanze internazionali. Chiaro è che i Salvini e i Di Maio ci marciano. Chiarissimo è che se mai avessero qualche chance di diventare maggioranza nel Paese ciò potrebbe avvenire solo grazie agli strali politicamente corretti levati dai tecnocrati europei come è accaduto ieri.

QN.NET