Sette leader per un nuovo partito Il centrodestra ha un quarto lato

Lo squadrone del centrodestra ha la quarta gamba (i «magnifici sette» liberal popolari) e anche la quinta (gli ex democristiani di Cesa, Mastella e Rotondi), con il possibile innesto di «Energie per l’Italia» di Stefano Parisi nella lista dello scudocrociato. Così le due (o tre) liste remeranno per superare la soglia del 3% sotto la quale i loro voti saranno ridistribuiti ai partiti maggiori della coalizione (FI, Lega e FdI). Come contropartita i «cespugli» avrebbero una manciata di posti nei collegi uninominali sicuri dove piazzerebbero i candidati di rango. Questo è lo schema di gioco. Ma l’accordo con i tre big ancora non c’è: tant’è che Matteo Salvini e Giorgia Meloni avrebbero fatto sapere a Silvio Berlusconi che la lista dei «magnifici sette» sarà sul conto di Forza Italia quando si tratterà di fare le quote per i collegi. Diverso il discorso per gli ex dc di Lorenzo Cesa che in Sicilia, con i loro 140 mila voti, sono diventati azionisti della vittoria del governatore Musumeci.

Oggi all’Hotel Minerva con vista sul Pantheon, si presenta la lista dei sette liberal popolari dei quali cinque sono ex Forza Italia: Enrico Costa (Ala per la costituente liberale), Raffaele Fitto (Direzione Italia), Maurizio Lupi (Ap), Gaetano Quaglieriello (Idea), Saverio Romano (Ala-verdiniani), Flavio Tosi (Fare, ex sindaco di Verona) ed Enrico Zanetti (Scelta civica) sotterreranno i rispettivi simboli e aderiranno al soggetto politico che dovrebbe chiamarsi «Italia delle Libertà» o «per le Libertà». La dislocazione territoriale delle truppe indica in Veneto un punto di frizione tra Tosi e la Lega. Ma anche i presìdi di Romano in Sicilia, di Fitto in Puglia, di Costa in Piemonte, di Lupi a Milano, di Quagliariello a Napoli e di Zanetti nel Nord Est potrebbero essere determinanti nella competizione tra Berlusconi e Salvini.

Invece la quinta gamba è tutta giocata sulla identità democristiana. L’ostinazione a non voler rinunciare allo scudocrociato con la scritta «Libertas» ha portato l’Udc di Lorenzo Cesa, rompendo le trattative con i sette liberal popolari, a correre da sola: «Portiamo a Silvio un po’ di Dc», ha detto Cesa a Libero. Ma il progetto unitario si è arenato: «Se andavamo noi con lo scudocrociato facevamo ridere», ha detto Quagliariello, «noi scendiamo in campo per recuperare chi non vota i partiti». Poi nella lista di Cesa sono arrivati Clemente Mastella con l’Udeur, Gianfranco Rotondi con la Dc e Stefano Tassone (Cdu). Insieme ora fanno una piccola «balena bianca» che ha le roccaforti in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Veneto. Spiega Antonio De Poli (Udc), vice presidente del Senato: «A noi interessa l’identità. Udc e Udeur fanno parte, con Forza Italia, della grande famiglia europea del Ppe».

Sono in corso colloqui e trattative anche con «Energie per l’Italia» di Stefano Parisi che in questi giorni ha inaugurato in Campania il suo camper elettorale. L’ex candidato di Berlusconi al Comune di Milano ha detto no ai sette («Non hanno identità politica») ma ha aperto un canale di dialogo con Cesa: «Vedremo. Siamo nel campo del centro destra e abbiamo un forte radicamento nel modo cattolico, con noi c’è anche Gian Luigi Gigli del Movimento per la Vita, ma alle elezioni potremmo anche correre con il nostro simbolo». E sarebbe la sesta gamba del centro destra.

CORRIERE.IT

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