Bersani e lo strappo dal Pd: “Ho dormito notti agitate, ma ora faccio quel che devo”

andrea carugati

Il giorno dello strappo definitivo da ogni ipotesi di alleanza col Pd, Pier Luigi Bersani lo passa in compagnia di un gruppo di ex democristiani guidati da Enzo Carra, già portavoce di Arnaldo Forlani, simbolo dell’inchiesta Mani Pulite per il plateale arresto in manette, e poi deputato della Margherita, del Pd e dell’Udc. Alla platea riunita all’hotel Nazionale, davanti alla Camera, il leader di Mdp racconta i tormenti degli ultimi mesi: “Qualche volta sono andato a letto agitato per il peso della scelta della scissione, poi ho visto che la gente in giro per l’Italia c’è, partecipa. Mi sono detto che dovevo andare avanti, non potevo essere corresponsabile della morte della stessa idea di una sinistra di governo”. E’ un Bersani sorridente, a tratti introspettivo, quasi sollevato dall’aver tagliato i ponti con un Pd che lui ha guidato alle ultime elezioni e che “al governo ha tradito quello che avevamo promesso agli elettori”.

 Il nodo che più lo fa infuriare, al di là del no dei dem alle proposte di Mdp sull’articolo 18 (“La pietra tombale dopo mesi di schiaffi su ogni nostra proposta”), sono le politiche sul lavoro. “Si sono buttati 23 miliardi in sgravi del Jobs Act e ora siamo al record della precarietà”. E a chi gli ricorda, anche nelle ultime ore, che la rottura potrebbe portare alla vittoria della destra, replica duro: “Basta con queste favolette, con questi teatrini. Sono tre anni che lo dico, la destra c’è già, si è insediata dove c’è il disagio, e se si va avanti con le politiche degli ultimi anni il centrosinistra verrà spianato.

Ora il punto è rimediare. Sono tre anni che il Pd e il centrosinistra inanellano sconfitte, anche se uniti come alle ultime comunali, e mai da Renzi è arrivato un segnale di ‘ricevuto’, una correzione. La nostra proposta sull’articolo 18 poteva essere un’occasione per discuterne, non era certo un ‘prendere o lasciare’”.

 

E ora? “Fai quel che devi, succeda quel che può”, dice citando l’ex segretario della Dc Benigno Zaccagnini, un maestro per questo uditorio dove siedono Marco Follini, David Sassoli, l’ex braccio destro di Franceschini Roberto Di Giovan Paolo e Giorgio Merlo, in uscita dal Pd verso la lista unitaria della sinistra. “Non avrei mai potuto fare una campagna elettorale elogiando il Jobs Act, o candidarmi in un collegio vicino a quello di Luca Lotti. La gente non si fa infinocchiare…”, dice Bersani.

 

Per rimediare agli errori fatti, l’ex segretario del Pd, simbolo da anni di una sinistra di governo, è disposto anche a una fase di “resistenza per ricominciare”. “Serve una ripartenza della sinistra”, e il tema chiave è dire “Adesso basta” allo “sfruttamento del lavoro.” Non c’è solo il tema della disoccupazione, ma “delle condizioni invereconde di chi lavora mal pagato e sfruttato. Bisogna spazzare via gli istituti della precarietà, disboscare, altrimenti le decontribuzioni non portano alcun risultato”. Non manca un’altra sciabolata a Renzi, “in questi anni se andava in una città con sei fabbriche di cui cinque in crisi, lui visitava quella che andava bene…”. E poi la sanità che “vive un processo di privatizzazione con la gente più povera che ha smesso di curarsi”, le “cose aberranti della cosiddetta Buona scuola”.

 

Bersani non si mostra affatto preoccupato per il rischio di una vittoria di Berlusconi o del M5S anche nei collegi storicamente rossi: “Forse li faremo perdere in 2-3 collegi, ma il sistema è in gran parte proporzionale. Certo che il giorno dopo il voto parleremo col Pd, vedremo se avranno capito”. L’obiettivo è ridisegnare un centrosinistra spostato a sinistra, “con nuovi rapporti di forza”. La lista di sinistra, ribadisce, “avrà una significativa presenza cattolico-popolare. Del resto, se si fece l’Ulivo nell’era Ruini non vedo perché in questo tempo, con un Papa che dice parole formidabili sulla precarietà, non si possa fare qualcosa di importante”. L’incontro si intitola “Noi e l’Ulivo”. In realtà di prodiani in sala non c’è neppure uno, ma c’è l’idea di saldare pezzi di sinistra laici e cattolici. “Dobbiamo anticipare il clero sui temi sociali, non seguirlo”, avverte Carra, che sarà il 3 dicembre con Merlo al battesimo della lista con Bersani. “Dobbiamo ripartire dall’amalgama mal riuscito del Pd, fare da incubatori di un nuovo centrosinistra”. Al cartello del 3 dicembre è arrivata anche l’adesione di Bobo Craxi, con la sua associazione “Area socialista”.

LA STAMPA

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