Mazzillo a Repubblica: “La Raggi rischia il commissariamento”

di SERGIO RIZZO

ROMA – Andrea Mazzillo aveva detto basta ai nomi calati dall’alto per volontà dei vertici del Movimento, senza che questi abbiano alcuna conoscenza della realtà di una capitale disastrata. E un mese dopo l’intemerata per tutta risposta gliene arriva un altro, di quei nomi, direttamente sul capo. Da Livorno, per l’esattezza: 310 chilometri più a Nord.

Davvero una brutta sorpresa, ex assessore al Bilancio. Se lo aspettava un benservito simile?
«Sinceramente no. Capisco che certe esternazioni giornalistiche possano produrre qualche mal di pancia. Ci sta. Mai però avrei immaginato di essere ripagato in questo modo».

Si consoli: non è successo soltanto a lei.
«Per anni ho condiviso i progetti e le aspirazioni del Movimento. Fino in fondo. In campagna elettorale sono stato il mandatario della sindaca e ho tutelato gli interessi suoi come quelli dell’intero Movimento. Il mio è stato un ruolo di garanzia per tutti».

Ma le sue critiche non sono state apprezzate. Ricorda cosa disse Virginia Raggi dopo il suo colloquio con Repubblica? «Chi critica si mette fuori da solo». Ed è andata proprio così.
«Delle mie preoccupazioni ne parlai anche con i vertici del Movimento, che le condivisero ».

Di quali vertici parla?
«Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera. Lui si mostrò sensibile, e non penso che sia irrilevante. Era appena scoppiato il caso Atac e mostrò di comprendere le mie perplessità».

A differenza della sindaca. Ma non mi dica che non sospettò un gioco delle parti.
«Sono certo che le preoccupazioni erano condivise. Qui servono persone che conoscono i problemi di Roma. Il Movimento ha al proprio interno queste risorse. Purtroppo nelle logiche successive alla vittoria elettorale ha prevalso l’idea di un meccanismo che forse serviva a evitare la diaspora, i cambi di casacca… »

Allude forse al famoso contratto con penale di 150 mila euro fatto firmare ai consiglieri?
«Proprio a quello. Credo che condizionare la partecipazione democratica debba essere oggetto di una valutazione molto attenta. Quello è un elemento sostanziale per il governo della città».

Ricordo bene ciò che lei ci disse un mese fa: «Così si va a sbattere ». Conferma?
«Lo sa di cosa ho discusso ieri con la sindaca e la giunta?»

Visto che si parla si andare a sbattere, immagino che si sarà trattato dell’Atac.
«Esatto. Ho detto come la penso sul concordato preventivo che si vuole fare. Nella pancia dell’Atac ci sono 429 milioni di crediti verso il Comune che con il concordato si rischiano di perdere. E questo non è un elemento facilmente digeribile per i conti di Roma Capitale».

Traduca.
«Che si rischia di passare dal commissariamento dell’Atac a quello del Comune».

Questo gli ha detto?
«Questo».

E loro?
«Mi è parso che capissero».

Però poi Virginia Raggi l’ha sostituita, come già più o meno era successo con l’ex direttore dell’Atac Bruno Rota, che invece il concordato voleva farlo. Curioso, no?
«Ho fatto presente che quella perdita sarebbe catastrofica. Si rischierebbe il dissesto. Veda lei».

Vedo che l’hanno cacciata. E l’Atac ha tutta l’aria di essere un mezzo pretesto. Per conto mio, se un mese fa non se ne fosse uscito con la storia delle nomine calate dall’alto starebbe ancora al suo posto.
«Quella storia ha di sicuro accelerato. Che io abbia parlato con la stampa di certe criticità non è sicuramente piaciuto. Ma la storia dell’Atac ha pesato eccome. La situazione non è facile, l’azienda ora deve pagare gli stipendi».

E i soldi ce l’ha?
«Sta chiedendo un’anticipazione alla tesoreria del Comune ».

Rimorsi, a questo punto?
«Nessuno. Ho svolto il mio compito con coscienza. Ho iniziato a sistemare le vecchie partite. Ho approvato il bilancio in anticipo. Ho messo a posto i debiti fuori bilancio. Ho reperito le risorse per le strade e le scuole. Ho risolto rogne indicibili, come quella di Multiservizi. Sarei riuscito a far quadrare anche la vicenda dell’Atac, in bonis, senza mettere in mezzo tribunali, avvocati, periti…»

E ora c’è un altro al suo posto. Mica male per uno che fino a qualche settimana fa era considerato un fedelissimo di Virginia Raggi.
«Le sensibilità del Movimento cinque stelle sono molto vicine alle posizioni che ho espresso. Ma nella gestione amministrativa di questa città si è perso purtroppo il contatto con il progetto al quale i cittadini avevano dato il loro voto».

REP.IT

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