L’Italia che trema sempre

mario tozzi

Sono moltissime le domande che inquietano i non esperti, che appaiono spaventati dalla situazione geologica dell’Italia di oggi. Un terremoto distruttivo nell’isola d’Ischia, appena dopo un anno di scosse fra Norcia e Amatrice e dopo eventi ritenuti «strani», come il terremoto in Emilia del 2012, o la distruzione de L’Aquila del 2009, per non parlare dei tantissimi sismi umbro-marchigiani e perfino di qualche risentimento a Roma.

 Cosa sta succedendo nel nostro Paese?

A questa prima domanda si può rispondere: niente che sia diverso dalla normale storia delle penisola italiana, specialmente se mediata su un tempo abbastanza lungo. L’Italia è terra di sismi (oltre che di vulcani) ed è un Paese geologicamente giovane e molto attivo, anche se, fortunatamente, soffre solo di terremoti di magnitudo medio-bassa e le eruzioni esplosive sono relegate al passato.

 

Perché sono stati forniti due dati sulla magnitudo?

Il terremoto di Casamicciola ha avuto una magnitudo bassa (4,0 Richter) e l’incertezza iniziale è dovuta principalmente al fatto che il suo epicentro è stato in mare, dove non si può disporre di una rete di sismografi capillare come in Appennino. La magnitudo è il parametro principale per esprimere la forza di un terremoto in termini assoluti (insieme con l’accelerazione di picco del terreno, cioè la forza con cui gli oggetti vengono scagliati verso l’alto, le cui valutazioni attendiamo) e confrontarlo con altri sismi, ma ci vuole sempre qualche ora perché il valore si assesti. Quando poi è tarato, però, vale per tutto il mondo, sulla magnitudo non si può barare, perché tutti i sismometri del pianeta la registrano alla stessa maniera. Stessa cosa non si può fare per l’intensità, che misura il danno, e che dunque dipende largamente dal tipo di costruzioni e dagli osservatori (scala Mercalli). Un terremoto di magnitudo 9 Richter in un deserto vale zero nella scala Mercalli. O viceversa, come a Casamicciola.

Le condizioni geologiche possono però fare una qualche differenza. Nel caso specifico la bassa profondità dell’ipocentro (5 km), il tipo dei terreni attraversati dalle onde sismiche, le creste collinari e le incisioni fluviali, e la presenza di un edificio vulcanico hanno senz’altro amplificato le onde, moltiplicandone gli effetti. Ma questo non spiega i morti e la distruzione così ampia: come sempre in Italia la colpa è degli edifici costruiti male, non sorvegliati e privi di manutenzione. Dei costruttori e degli amministratori, non del terremoto.

 

C’è una relazione con Amatrice e Norcia?

Il terremoto di Ischia non c’entra nulla con i terremoti di Norcia e Amatrice, né con quello de L’Aquila. Quei terremoti appenninici sono la ricorrenza puntuale dell’attivazione di più sistemi di faglie circa paralleli che vanno dalla Garfagnana fino a Reggio Calabria passando per Norcia, Amatrice, L’Aquila, Avezzano, l’Irpinia e l’Aspromonte. Sono terremoti di magnitudo caratteristicamente compresa fra 5,5 e 7,1 Richter e hanno una spiegazione tettonica, come si dice, cioè legata alla costruzione della catena appenninica. Tutto inizia alcune decine di milioni di anni fa, quando la grande placca africana e quella europea entrano in collisione proprio all’altezza dell’attuale Mediterraneo. In mezzo fra le due c’è una più piccola placca Adriatica che corrisponde al nostro Paese. Questo scontro porta al sollevamento delle Alpi e dell’Appennino. Successivamente la catena appena sollevata comincia ad assestarsi, accomodandosi e allargandosi attraverso una serie di spaccature che chiamiamo faglie. Quelle che generano questi terremoti. Diversamente da quanto accaduto nel ferrarese nel 2012, con sismi legati più direttamente alla collisione fra Europa e Africa che ancora avviene sotto la Pianura Padana.

 

Che sisma è allora Ischia?

I terremoti di Ischia, invece, dodici forti dal XIII secolo, fortissimo quello del 1883 rimasto proverbiale, appartengono ad un altro mondo geologico, quello del Mar Tirreno, che è un piccolo oceano in corso di formazione e del vulcanismo associato. Spesso sono terremoti vulcanici, cioè connessi ad assestamenti nella camera magmatica, anche se non preludono necessariamente ad una nuova eruzione.

In ogni caso nulla a che vedere con quanto si sta registrando ai vicini Campi Flegrei negli ultimi anni: un sollevamento di 25 cm del suolo, tremori e boati alla Solfatara e un innalzamento della temperatura della fumarole, tutti dati confrontabili con la crisi bradisismica degli Anni 80, ma ancora non pericolosi.

 

Cos’è il fenomeno dei Campi Flegrei?

I Campi Flegrei sono il nostro supervulcano, composto da una trentina di crateri oggi allegramente occupati da ippodromi e ospedali, quello una cui eruzione costringerebbe all’esodo da cui non si ritorna circa mezzo milione di persone. E niente a che vedere con il Vesuvio, vulcano attivissimo, che qualcuno ritiene irragionevolmente spento, e che ha avuto la sua ultima eruzione nel 1944. Semmai le attività legate al Mar Tirreno sono più correlabili al gigantesco vulcano sottomarino Marsili, 70 km di asse maggiore 3000 metri di altezza, anch’esso attivo e potenzialmente distruttivo proprio di fronte alle coste calabresi. 

 

Perchè così tanti terremoti in Italia?

Da un punto di vista geologico non c’è niente di anomalo in tutta questa attività sismica da cui l’Italia sembra investita. E’ vero che nell’ultimo anno si sono registrate circa 80.000 scosse di terremoto nella zona compresa fra Norcia e Amatrice, un valore anomalo rispetto alle serie precedenti, ma solo perché il tempo di ricorrenza dei forti sismi amatriciani è piuttosto lungo, nell’ordine dei secoli. E questa è l’unica scusante che si può trovare alla ingiustificata perdita di memoria dei nostri concittadini colpiti e dei loro amministratori. E’ ancora reperibile un libro sul «Terremoto nella città di Matrice e nel suo Stato», il fatto che rechi la data del 1639 imponeva, semmai, di tenerne conto, non di dimenticarlo. Complessivamente i terremoti non avvengono di preferenza né di notte, né d’estate, non c’entrano nulla con il tempo atmosferico o il clima e non possono essere previsti. Sono il frutto dell’attività del pianeta Terra, la stessa che ha permesso il formarsi della vita e, in finale, anche di noi sapiens.

Non sono il «mostro» ctonio o l’ira di Poseidon, ma solo la testimonianza della nostra incapacità di leggere la storia della Terra, quando non del malaffare e della cattiva politica.

LA STAMPA

 

 

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