Motta: “Grillo mi riammette, ma non mi basta. Virginia? Decide tutto la Casaleggio”

jacopo iacoboni
 

«In relazione all’espulsione contestata nel giudizio pendente e sospesa con provvedimento cautelare del Tribunale di Roma, cui è seguita la riammissione temporanea, ti comunico la riammissione in via definitiva al MoVimento 5 stelle». Firmato Beppe Grillo. Roberto Motta, il capo degli espulsi romani M5S, uno dei militanti dotati di studi alle spalle (laureato in statistica con Giorgio Troi, nel giro degli allievi di Federico Caffè), ha guidato i ricorsi vinti contro la Casaleggio dai grillini cacciati a Roma e Napoli. Ha appena ricevuto questa mail dall’azienda, per la prima volta Grillo deve arretrare da un’espulsione, pena guai giudiziari più seri. Ma Motta non ha intenzione di deporre l’ascia. «La lotta continua», dice.

 Non è abbastanza che Grillo, per la prima volta, debba riammettere un espulso?

«No. Ci sono altri giudizi pendenti, illegittimità del regolamento e della seconda associazione, costituita da Grillo e dal nipote, lite temeraria, e altro»

 

Ci sarà anche un possibile risarcimento molto alto, per perdita di chance.

«Io sarei stato tra i consiglieri comunali, con ottime chance di risultare nei primi cinque».

 

La riammissione avviene in coincidenza dei guai della sindaca. Che pensa della Raggi?

«Il suo fallimento va molto oltre le cose che sono emerse. Comincia dal decalogo che firmò con lo staff. Lei ha accettato di fare tutto quello che le viene detto. A partire dalle nomine. Non può decidere niente»

 

Per esempio?

«Pensi solo a due degli ultimi casi: Raggi nomina Fabio Serini – che era il curatore giudiziale all’Aamps, l’azienda di rifuti di Livorno, cioè un controllore del M5S - come commissario straordinario all’Ipa, l’Istituto di previdenza dei dirigenti capitolini: cioè un controllato. Luca Lanzalone, consulente Aamps sempre a Livorno, diventa presidente di Acea. Siamo dentro totali conflitti d’interessi, intrecci nei cda, un disastro, completamente contrario ai princìpi del Movimento».

 

Rispetto alla giunta Marino come va?

«Marino aveva fatto cose anche buone. Per esempio aveva tolto tutti i cda delle municipalizzate. La Raggi li ha rimessi. C’è una persona brava, come Antonella Giglio all’Ama? Viene mandata via senza motivo, anzi, col motivo strisciante che sarebbe amica della Muraro: detto dalla Montanari, che arriva a Grillo dalla giunta di Delrio a Reggio Emilia».

 

La Raggi dapprima legata alla destra, poi ha cercato tregua dai media appoggiandosi a qualche ex del mondo Pd?

«La Raggi, scoperta la sua pratica da Previti, o le nomine legate al giro Panzironi, s’è rifugiata ripescando le terze file del Pd a Roma. Altra cosa contraria alle regole M5S. In passato gente è stata cacciata dal M5S per molto meno, come la povera Cecilia Petrassi, che era stata assistente, precaria, di Claudio Scajola».

 

Le competenze come le sembrano, nella giunta e negli eletti capitolini M5S?

«Ai contenuti hanno preferito imporre minigonne, slogan banali e incoerenti rispetto ai principi condivisi dalla base. Alle critiche rispondono con permaloso livore mirato a colpire esclusivamente la persona. Nel M5S un capogruppo che ha un diploma turistico alberghiero, Paolo Ferrara, attacca Cristina Grancio, un architetto, che critica con cognizione di causa le scelte di Raggi sullo stadio».

 

È vero che Lombardi ha reso la vita ancora più difficile alla sindaca?

«Io ci credo poco. Tutto questo odio tra le due l’ho visto poco, e ho lavorato per Roberta, e avuto ottimo rapporto con Virginia. Conservo ancora gli scritti di quando la futura sindaca mi rispondeva per messaggio “vedete di andare d’accordo, tu e Roberta, il Paese ha bisogno di voi”».

 

Forse una lieve esagerazione, foriera di analoghe prove.

LA STAMPA

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