Macron e Merkel, oggi l’incontro per rilanciare l’alleanza che guida l’Europa

cesare martinetti

C’è molto di simbolico e ci sarà subito molto di sostanziale nel primo faccia a faccia tra Emmanuel Macron e Angela Merkel. E non è detto che sia l’idillio. Mai la cancelliera si era spesa così tanto per un candidato di un altro Paese. Ma passata la paura che all’Eliseo potesse arrivare Marine Le Pen, i nodi verranno presto al pettine. «Teurer freund», titola Der Spiegel, «caro» amico, nel senso di costoso, rivelando un retropensiero su cosa potrà chiedere il leader che agli occhi dei tedeschi ha salvato l’Europa dall’abisso del populismo. E Jean-Pisani Ferry, direttore d’orchestra dell’équipe del nuovo presidente francese, ha subito replicato: non vogliamo assegni.

 Si ricomincia dall’asse franco-tedesco, storico e inevitabile motore dell’Unione europea. Macron è atteso alla prova del suo programma elettorale: «rilanciare e rifondare l’Europa». Da Merkel si aspetta qualche prova di flessibilità. La cancelliera ha incassato ieri una confortante vittoria elettorale in Nord Reno Westfalia, roccaforte socialdemocratica che suona come un buon annuncio per le elezioni politiche di settembre. Il rilancio dell’Spd con Martin Schulz, è già sfumato.

 

È dunque una Merkel in gran forma quella che Macron, celebrato ieri con i fasti e la solennità della République, incontrerà a Berlino. È una tradizione che il primo incontro internazionale del presidente francese sia con il (la) cancelliere. Fu così anche per François Hollande e Nicolas Sarkozy.

 

Il cosiddetto «asse» ha una data di nascita: gennaio 1963, trattato dell’Eliseo tra Charles De Gaulle e Conrad Adenauer. Era il mondo bipolare della Guerra fredda, Parigi si voleva costruire un ruolo da protagonista; la Germania non era ancora in grado di affrancarsi a tal punto dagli Stati Uniti e il significato simbolico di quell’accordo venne subito attenuato, come dovette poi riconoscere De Gaulle nella sue memorie. Tuttavia l’incontro tra i due Paesi era diventato formalmente una necessità, soprattutto nella costruzione del processo europeo. La Germania cresceva economicamente, mentre la Francia rimaneva l’incontestabile leader politico. François Mitterrand temeva la riunificazione della Germania e, come raccontò poi il suo fedelissimo Gilles Martinet (che fu anche ambasciatore a Roma) si risolse ad accettare l’idea della moneta unica a Maastricht per evitare che, dopo il 1989, la vera divisa europea potesse diventare il marco a spese del franco. Ciononostante la storica fotografia di Mitterrand che prende per mano il cancelliere Helmut Kohl il 22 settembre 1984 al sacrario di Verdun dove si consumò un’infinita battaglia tra francesi e tedeschi con almeno mezzo milione di morti, era diventata e rimane una delle icone più simboliche e significative della costruzione europea.

 

Negli anni 2000 il gollista Jacques Chirac e il pragmatico socialdemocratico Gerard Schröder rilanciarono l’asse, con un’alleanza che li portò a sfidare l’America di Bush sulla guerra a Saddam, e l’Europa di Maastricht con la rottura del patto di stabilità e la regola del 3 per cento per il deficit. Era l’epoca in cui periodicamente i consigli dei ministri dei due paesi si riunivano in seduta comune.

La Germania ha sempre sofferto del complesso di apparire, come diceva Henry Kissinger, un «gigante economico e un nano politico». Di qui la sua ricerca costante della spalla francese, come hanno fatto anche, recentemente, i diversi governi di Angela Merkel. E Wolfgang Schaeuble, da sempre considerato il custode del rigore economico, è stato un convinto sostenitore del socialista francese Pierre Moscovici a commissario europeo economico, nonostante che da ministro non fosse stato certo esemplare sul governo dei conti pubblici. Lo stesso Schaeuble, in un’intervista a «Repubblica» nei giorni scorsi sull’avvento di Macron, ha parlato di un necessario «pragmatismo intergovernativo» che detto in altre parole significa rilancio dell’asse tra i due Paesi nella riforma dell’Europa. La presidenza di Macron comincia oggi a Berlino e la domanda che tutti si fanno è questa: il nuovo presidente riuscirà a cambiare la Germania o sarà la Germania a cambiare lui?

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.