Dalle elezioni all’Europa: cinque scelte che Renzi deve fare

di EUGENIO SCALFARI

“AL CENTRO delle dieci parole c’è quella di non uccidere. Questo è il comando del Dio unico che tutti noi dobbiamo venerare”: così ha detto papa Francesco nella riunione religiosa che si è svolta venerdì al Cairo. Le religioni d’Oriente c’erano tutte, quella islamica, quella dell’ortodossia greca, quella cristiana-copta: i tre monoteismi rappresentati dai loro più alti dirigenti. Tutti hanno parlato, ma il Dio unico solo Francesco l’ha nuovamente ricordato. È molto singolare che il Creatore non solo del nostro pianeta ma dell’intero Universo sia unico, ma la molteplicità delle religioni fatica a concepire un’unica e comune divinità: è questa la forza rivoluzionaria di Francesco. Il Dio unico affratella le religioni, è l’elemento che trascende e al tempo stesso una sua scintilla, è dentro l’anima di tutti i viventi e di quelli umani in particolare. Una trascendenza immanente, che Francesco predica in tutte le circostanze. Sulla base di quella sua sconvolgente predicazione, rinnovata al Cairo, ho scritto qualche giorno fa che dovrebbe beatificare Pascal e Spinoza che tre secoli fa sostennero l’immanenza del Trascendente e per questo furono e tuttora sono scomunicati e ignorati. Queste due beatificazioni sarebbero il vero incontro con la modernità laica che Francesco persegue in nome di quanto fu precettato dal Vaticano II. Il cardinale Martini nell’ultimo colloquio che ebbi con lui pochi mesi prima della sua morte fu molto favorevole a quelle beatificazioni.

Papa Bergoglio ha sempre avuto molta amicizia e stima con Martini. Spero che quanto ho riferito su quelle beatificazioni da Martini ampiamente condivise persuada anche lui ad agire al più presto. Infine, nel suo discorso al Cairo, Francesco ha detto: “No all’odio ma pace con Dio”. Questa è la più alta sconfessione del Califfato terrorista che stimola le più turpi violenze in nome di Allah. Lo trasforma e lo deturpa come un Dio proprio che ispira delitti, violenze e suicidi volontari. Di fronte a questo orrore l’Islam coranico dovrebbe reagire promuovendo una assemblea di tutte le rappresentanze mondiali di quella religione. Al Cairo questa netta condanna del Califfato c’è stata, ma non basta, ci vuole una riunione mondiale di una religione che conta più di un miliardo di fedeli. La condanna del Califfato terrorista dovrebbe provenire da quella riunione. È vero che le vere religioni non predicano l’odio ma il pentimento e il perdono, sempre che sia il Califfato a manifestare l’orrore verso se stesso e verso il male che ha diffuso in tutto il mondo.

Questo deve accadere e speriamo che accada se il Dio unico non si ritira dietro le nuvole come si disse abbia fatto ai tempi della shoah, come lo giustificarono i pontefici. È possibile pensare una cosa simile? Che il Creatore sia impotente nei casi estremi quando un gruppo di uomini sceglie consapevolmente la via del male? In realtà l’odio, la guerra, l’orrore, fanno parte della vita tutte le volte che l’uomo regredisce verso l’animalesco dal quale proviene. Temo che questo accada molto spesso. Non odio, ma lotta per far trionfare la pace, la fratellanza e l’amore verso il prossimo e verso la parte migliore di te stesso. Dobbiamo essere assai vigili affinché non si regredisca verso l’animalesco ma anzi che si avanzi verso il bene e l’amore. Verso il Dio Amore che Francesco sta predicando.

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Oggi, domenica 30 aprile, chi vuole può votare alle “primarie” del Partito democratico per scegliere chi dev’essere il segretario del Pd. I candidati sono tre: Renzi, Orlando, Emiliano. Si prevede un milione di voti; e i tre candidati sperano in due o trecentomila in più. La cifra ottimale dovrebbe essere di due milioni, una sorta di entusiasmo che francamente non c’è.

Chi vincerà? Non c’è dubbio, vincerà Renzi che pensa d’incassare il 60 per cento dei voti. È probabile che sia così, anche se sarebbe meglio una sua vittoria un po’ più modesta affinché non si monti la testa. Comunque il segretario sarà lui questo è certo.

A quel punto dovrà prendere alcune decisioni urgenti. Direi cinque: se vuole andare al voto al più presto oppure attendere che scada la legislatura, cioè nella primavera del 2018; se vuole riavere la carica di presidente del Consiglio oppure no; se accetterà una alleanza con tutta la sinistra dissidente, come propone Pisapia, l’ex sindaco di Milano; se vuole dedicare la massima attenzione al rafforzamento dell’Europa; infine come e quando pensare ad una nuova legge elettorale.

Ho avuto mercoledì una lunga conversazione telefonica con lui ed ho appreso che ha deciso di non andare al voto anticipato ma soltanto quando la legislatura sarà regolarmente terminata. Gentiloni ha dunque davanti a sé un intero anno di lavoro, ed è molto opportuno soprattutto per quanto riguarda l’economia, l’occupazione, l’assistenza sociale.

Quanto all’Europa, il rapporto di Renzi con quel tema sembra molto intenso ed anzi probabilmente il principale, ma proprio per questo deve tornare alla presidenza del Consiglio perché solo con quella carica può affrontare la sfida europea. Purtroppo ha ragione. Dico purtroppo perché governare l’Italia, rinnovare la struttura del partito e occuparsi a fondo dell’Europa non sono impegni che una sola persona può affrontare. Bisognerà dunque che abbia uno staff numeroso e competente. Fare tutto da solo o con il solito giglio magico è da escludere.

Per quanto riguarda le elezioni del 2018 (sperando che nel frattempo non cambi idea e non ritorni alle elezioni anticipate) si pone il problema delle alleanze e quindi anche quello della nuova legge elettorale sia alla Camera sia al Senato.

Pisapia ha lanciato il tema di ricostituire un’alleanza con tutta la sinistra dissidente. Una lista di coalizione con tutti i vari gruppi che sono in varie occasioni usciti dal Pd. Ognuno ha costituito una formazione propria spappolando in questo modo l’intera sinistra. Pisapia vuole anzitutto che i gruppi dissidenti costruiscano una formazione unica che proponga un’alleanza elettorale con il Pd renziano, concordando con Renzi i temi essenziali sui quali restare uniti in Parlamento ma conservando la propria autonomia e la propria libertà. Insomma mantenendo al tempo stesso alleanza e indipendenza. Questo è il progetto di Pisapia ma non sappiamo ancora se sarà approvato da tutta la dissidenza. Ma quanto a Renzi ha già risposto: Pisapia entri addirittura nel Pd e porti anche qualche suo amico fedele e adatto alla bisogna. Altre alleanze Renzi non intende fare. Il Pd secondo lui è un partito di sinistra moderna e non ha bisogno di alleanze che possono soltanto recare disturbo. Dunque una sinistra moderna ed europeista. Questo vuole Renzi. Ma che cos’è una sinistra moderna?

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Una sinistra moderna in una Nazione, l’Italia, che fa parte di un’Europa confederata di 27 Paesi, 19 dei quali hanno scelto la moneta comune, deve avere una politica economica post-keynesiana. Cioè: deve accrescere la produttività delle imprese pubbliche e private, stimolando nuovi investimenti e nuova domanda. Gli investimenti debbono costruire nuovi processi produttivi, nuovi prodotti, nuovi traffici commerciali con l’estero, maggiore crescita del prodotto interno lordo (Pil).

Questa è la produttività. Gli attori finanziari e fiscali sono lo Stato e il Fisco da un lato, le banche dall’altro, tenendo naturalmente ben presenti le regole dell’Europa e della sua Commissione.

La crescita del Pil si fonda in parte sull’aumento della produttività, ma soprattutto sulla politica fiscale: sostenere il ceto medio-basso, stimolare l’aumento dei consumi, opere pubbliche numerose e diffuse specie nelle zone più povere del Paese.

La politica post-keynesiana significa indebitarsi per finanziare domanda e lavoro. A questo punto dobbiamo ricordare la politica espansiva della Bce e del suo presidente Mario Draghi. La sua politica monetaria sta dando un forte sostegno ai Paesi più deboli dell’Eurozona e l’Italia è uno di questi, forse il principale. Draghi ha acquistato e continua ad acquistare titoli di Stato sul mercato secondario, obbligazioni pubbliche o di aziende private, preferibilmente di medie dimensioni. La sua politica continuerà fino al 2018, contribuendo così ad un’uscita dalla depressione economica. In parte questa politica sta ottenendo risultati importanti: nelle ultime settimane l’Italia ha raggiunto un tasso d’inflazione di circa un punto e mezzo per cento; potrebbe ed anzi dovrebbe arrivare al 2 per cento e questo renderebbe più forte l’intervento delle banche sul finanziamento delle imprese. C’è anche una politica di tassi bancari stimolanti verso impieghi produttivi e c’è una Unione bancaria europea per smaltire le “sofferenze” bancarie.

La sinistra deve sostenere queste politiche ma occuparsi anche di altri temi sociali. Deve consentire sgravi fiscali alle fasce meno abbienti del reddito e caricare sui ceti più abbienti il peso fiscale derivante da questa politica sociale. Insomma diminuire le disuguaglianze. Il sistema più adatto da questo punto di vista è il cuneo fiscale. L’ho già suggerito molte volte e mi pare che da qualche settimana questa ipotesi sia stata presa in considerazione dal ministro delle Finanze Padoan. Bisognerebbe che il taglio del cuneo fiscale fosse di almeno 10 o meglio 15 punti. Andrebbe a carico dell’Inps che in casi estremi è finanziato dallo Stato, ma in buona parte dallo stesso Inps che ha una gestione complessivamente attiva del suo bilancio. Un taglio rilevante del cuneo è un tipico intervento di marca keynesiana: aiuta i lavoratori e soprattutto le imprese e questo è una finalità tipica di sinistra.

Ma il tema principale, proprio per la sinistra moderna, è l’Europa. È incredibile però quanto poco si interessino dell’Europa i dissidenti dal Pd. La loro attuale attenzione è interamente quella dei loro rapporti con Renzi. Nei loro dibattiti e proposte non c’è una sola parola che riguardi l’Europa: non c’è alcuna attenzione al ministro unico delle Finanze, alla politica delle immigrazioni, alla formazione di una Fbi europea e tanto meno sull’idea renziana di promuovere l’elezione di un Presidente europeo votato da tutti i cittadini del continente insieme ad una Costituente che prepari la struttura federale già indicata nel suddetto referendum. Se questa è la nostra sinistra dissidente si capisce il motivo per cui Renzi, che per fortuna questi temi li conosce e li sostiene, abbia rifiutato quell’alleanza. Una sinistra di quel genere si occupa soltanto di se stessa e quindi purtroppo risulta del tutto inutile.

REP.IT

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