Quattro delitti per un serial killer, l’ombra di Igor su altre vittime

al nostro inviato GIUSEPPE BALDESSARRO

MOLINELLA (BOLOGNA) – C’è l’ombra di Norbert Feher, alias Igor Vaclavic, su almeno quattro omicidi in tre province emiliano romagnole. E c’è la stessa firma su una serie di rapine. Un lungo filo rosso unisce fatti criminali che solo in parte sono stati contestati al super ricercato per i delitti di Budrio e Portomaggiore, ma sui i quali le diverse procure hanno ora riacceso i riflettori.

Il primo episodio di sangue risale al 9 settembre del 2015, quando una banda di stranieri, tutti di origine dell’Est Europa, fa irruzione in casa di un pensionato, Pier Luigi Tartari. L’anziano viene legato e massacrato di botte, fino a morire nella sua casa ad Aguscello, frazione di Ferrara. Il gruppo viene individuato, arrestato e condannato per omicidio aggravato, con due ergastoli e una pena a 30 anni. Si tratta di Patrik Ruszo, Costantin Fiti e Ivan Pajdek, sono uomini della banda di quello che all’epoca era noto come “Igor il russo”.Con loro aveva compiuto una serie di assalti a a Ferrara. Lui non partecipa alla rapina di Aguscello, ma dalla casa di Tartari spariscono due fucili da caccia che, secondo gli inquirenti, potrebbero essere stati successivamente consegnati al vecchio compagno di scorribande.

Il 30 dicembre 2015, invece, una guardia giurata viene aggredita a Savio, in provincia di Ravenna. Un bandito gli tende un agguato sparando un colpo di fucile sul lunotto posteriore, a scopo intimidatorio. L’agente Salvatore Chianese prova a reagire e viene colpito a morte da una seconda rosata di pallini esplosi in faccia. I carabinieri e la procura aprono un’inchiesta contro ignoti, ma alla luce di nuovi episodi si sono convinti che a far fuoco possa essere stato proprio Feher. In questo senso, il 2015 anticipa il modus operandi del serbo. A marzo 2017 infatti, una seconda guardia giurata viene assalita e derubata della pistola con modalità identiche, a Consandolo, vicino Argenta. L’assalitore spara contro l’auto un colpo di avvertimento, la guardia si mette faccia a terra senza reagire, e l’uomo «con l’accento dell’Est» gli sfila una Smith e Wesson calibro 9 x 21, argentata.

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Il primo aprile si registra l’omicidio di Davide Fabbri a Budrio (Bologna). Un uomo entra nel suo bar imbracciando un fucile, spara un colpo di avvertimento e chiede la cassa. Fabbri reagisce, sfila il fucile dalle mani del bandito e ne nasce una colluttazione. Il killer estrae la pistola e lo uccide con un colpo al torace. L’arma, dirà la moglie della vittima, «era argentata ». La perizia balistica confermerà più tardi che il calibro che ha ucciso Fabbri era un 9 x 21. A quel punto, scatta la caccia a “Igor il russo”, scoprendo solo dopo che il suo vero nome è Norbert Feher. L’ultimo episodio è di sabato scorso. Ormai braccato il serbo, fermato da due guardie ambientali in servizio nelle valli di Argenta, uccide Valerio Verri e ferisce Marco Ravaglia. Anche in questo caso non ci sono dubbi: a sparare è stato l’assassino di Fabbri, quindi Feher. La conferma arriva dal Dna: è identico, quello isolato dal Ris nelle macchie di sangue fuori dal bar di Budrio e sul Fiorino usato dal killer di Portomaggiore.

Che lo si chiami Igor o Norbert la sostanza non cambia, le tracce portano sempre nella stessa direzione. Gli inquirenti prima di contestargli formalmente altri reati attendono la sua cattura. È ancora ricercato, nascosto da qualche parte nelle valli e nelle paludi tra Portomaggiore, Argenta e Molinella. Ancora pericoloso e capace di tutto.

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