Ecco lo spread che ci avvisa quando le azioni sono a rischio bolla

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I mercati finanziari sono pieni di indicatori. Di dati ce ne sono fin troppi. Analisti e operatori ogni giorno si trovano di fronte a un overload di numeri e informazioni di fronte ai quali non sempre è facile capire quale direzione prenderà nelle ore successive il flusso di capitali.

Uno degli indicatori più utilizzati dai tecnici, ma che spesso resta nell’ombra ai più, è lo spread tra l’earning ratio yield (il rapporto tra l’utile per azione degli ultimi 12 mesi e il prezzo corrente di mercato) di una Borsa rispetto al rendimento dei titoli a 10 anni espresso dallo stesso Paese o area geografica.

È molto utile perché fotografa in tempo reale il costante duello tra azioni e titoli governativi. Se un Paese è affidabile, è giustificato che vi sia uno spread (un differenziale) tra azioni e bond, proprio perché le azioni sono tendenzialmente una classe di investimento più rischiosa rispetto ai titoli di Stato. E questo spread misura proprio il premio al rischio che un investitore “riceve” per il fatto di investire in un asset potenzialmente più pericoloso.

Quando questo spread si attenua, si riduce anche il premio al rischio e i titoli di Stato diventano di conseguenza più attraenti. Oppure, leggendo l’altro lato della medaglia, può voler dire che le azioni sono diventate un po’ carucce. In sostanza, il “gioco” di detenere azioni anziché bond inizia a valere meno della candela.

Bene, osservando oggi l’andamento di questo spread negli Usa si ricava un’indicazione interessante.

LA DIFFERENZA TRA GLI UTILI PER AZIONE A WALL STREET E IL RENDIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI USA A 10 ANNI
Earning ratio yield dell’S&P 500 versus Treasury a 10 anni
Earning ratio yield S&P 500Rendimento Treasury a 10 anni
Lug2008Lug20092010GenLugGenLug2013Lug2014Lug2015Lug2016LugGen024681012

Man mano che le azioni a Wall Street stanno macinando record (mercoledì l’indice Dow Jones ha superato per la prima volta la soglia dei 21mila punti e il più corposo S&P 500 ha sorpassato per la prima volta nella storia i 2.400 punti) sta calando l’earning ratio yield delle stesse azioni (che si ottiene dividendo l’utile per azione degli ultimi 12 mesi per il valore corrente di Borsa dell’azione). L’earing ratio yield (che è l’inverso del price/earning, un altro multiplo molto utilizzato) dell’S&P 500 è sceso al 4,39 per cento. Un dato decisamente basso rispetto agli ultimi anni. Basti pensare che nel 2012 era al 7%, nel 2009 a 9% e lo scorso anno oltre il 5 per cento.

Allo stesso tempo sta aumentando il rendimento dei Treasury (i titoli di Stato Usa) per via dell’aumento dell’inflazione. Il tasso decennale è salito al 2,5%, 100 punti base in più rispetto allo scorso settembre. Di conseguenza lo spread tra le due classi di investimento si sta riducendo. Siamo a 192 punti (1,92%).

Il premio al rischio di investire a Wall Street è sceso: ovvero le azioni, a fronte di una maggiore volatilità sul prezzo, “promettono” oggi “appena” l’1,92% annuo in più rispetto ai titoli di Stato Usa. Lo scorso anno il premio al rischio era superiore al 3 per cento. Nel 2011 oltre il 6 per cento.

Per trovare un livello così basso bisogna tornare indietro nel tempo, esattamente al 2010. Quell’anno, in cui lo questo speciale “spread” scese anche sotto l’1%, Wall Street perse il 13% in due mesi, segnando il peggior andamento bimestrale di sempre.

Questo non vuol dire che Wall Street – che continua ad apprezzarsi in scia alle promesse, per ora non corroborate nei fatti da piani sostanziali, del nuovo presidente Donald Trump – è inevitabilmente destinata a una forte correzione. Ma in ogni caso può offrire a risparmiatori e investitori uno spunto di riflessione in più. Prima di operare in un mercato che inizia, lo dicono i numeri, a surriscaldarsi.

ILSOLE24ORE

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