La sfida a Trump

di VITTORIO ZUCCONI

Messaggio di un dittatore in essere a uno che sogna di esserlo, il missile balistico a medio raggio lanciato dalla Corea del Nord e caduto senza fare danni nel Mar del Giappone, ha dato il benvenuto nel mondo reale a Donald Trump. Un Trump che non ha saputo rispondere con altro che con la scontata riaffermazione che gli Stati Uniti sono “al cento per cento” al fianco dell’alleato Giappone, affermazione talmente ovvia da essere quasi sorpresa.

Questo, il segnale che il topo intende continuare a sfidare l’elefante e a essere quell’irrisolvibile dilemma che l’invasione del Sud da parte del Nord comunista aprì 67 anni or sono, nel 1950. Nei prossimi quattro anni, la corsa all’arsenale missilistico intercontinentale, capace di colpire la Corea del Sud e il Giappone, ma ancora lontanissimo dal poter raggiungere il territorio degli Stati Uniti, è, appena tre settimane dopo l’insediamento alla Casa Bianca del tirannello del Nord continuerà.

Questa è per Trump la prima vera sfida internazionale, sul filo della guerra e della pace, che la realtà gli propone, fuori dal “Fantsyland” della campagna e dei tweet. Nessun presidente americano, da Harry Truman che vietò l’impiego della Bomba atomica chiesta dal suo generalissimo MacArthur, a Obama, repubblicano o democratico, bellicista o pacifista, ha mai risolto il puzzle del “Regno Eremita”, nè ha impedito che la dinastia di satrapi Kim, mascherati da comunisti, sviluppasse testate nucleari, anche se non ha ancora i mezzi per lanciarle oltre i mari di casa.

Con la provocazione del lancio, annunciato proprio mentre Trump e il premier giapponese Abe erano insieme a cena nel resort floridiano del Presidente, Mar-a-Lago, Jong-un vuole “vedere” il bluff del Presidente e capire se anche lui reagirà come i predecessori, minacciando, promettendo, lusingando, alludendo e niente ottenendo. E Trump ha dimostrato di essere, anche lui, senza soluzioni.

La sola certezza che questa prima sfida a lui e all’ONU, che con undici vane risoluzioni ha condannato la Corea del Nord,  insegna è che nessun “Ordine Esecutivo” frettolosamente firmato per le telecamere e per la propria base elettorale potrà vincerla. È facile, per un Presidente, annunciare Muraglie di là da venire, promettere mirabolanti riforme sanitarie e valanghe di posti di lavoro, tiranneggiare immigrati senza documenti o impedire l’ingresso a persone con regolari visti. Ma non basterà un tweet per domare Kim Jong-un e dissolvere il suo arsenale nucleare.

REP.IT

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