La rabbia dei pendolari: “Prima spostano le aziende ora ci soffocano sui biglietti”

di STEFANO PAROLA

TORINO. È facile distinguerli: a differenza degli altri, i pendolari non hanno la valigia e poi parlottano tra loro tirando fuori espressioni tipo “che vigliacchi”, “è una vergogna”, “l’amministratore delegato ha il coraggio di dire che è pure un prezzo basso!” e avanti così. Si confrontano sulla decisione di Trenitalia che cambierà la vita di alcuni di loro: i rincari tra il 20% e il 35% degli abbonamenti mensili sui Frecciarossa. Alla stazione Centrale di Milano, Massimo Carrara e Fulvio Matteis aspettano il convoglio delle 18.05 per Torino. Lavorano per una società assicurativa, dal lunedì al venerdì, e il costo della loro tessera mensile a febbraio passerà da 340 a 408 euro: “Ma Trenitalia pensa che veniamo in gita a Milano? Ci spostiamo per lavorare e c’è chi guadagna 1.500 euro e ne dovrà lasciare più di 400 per strada”, si sfoga Massimo. Però per chi usa i Frecciarossa tra le 9 e le 17 la tessera costerà fino al 15% in meno. “È una presa in giro: ma quale pendolare potrà mai permettersi di prendere i treni solo in quella fascia? “, fa notare Fulvio.

Eppure al lavoro bisogna pur andare: “Purtroppo a Torino le opportunità sono sempre meno, quindi o Milano o niente”, dicono i due impiegati. Negli ultimi anni sono parecchi a essersi trovati di fronte al bivio: fare avanti e indietro o diventare disoccupati. Giuseppe Callagher siede nella carrozza 6 e lavora alla Lufthansa, che ha deciso di chiudere a Torino e di spostare i 12 impiegati a Milano. Ai tempi, racconta, “ci avevano indorato la pillola proprio con l’alta velocità: “Vi sposterete tra una città e l’altra in 45 minuti”, ci dicevano”. È successo lo stesso in aziende come Maire- Tecnimont, L’Orèal, Ibm, i cui dipendenti torinesi si sono tenuti aggrappati al posto trasformandosi in “pendolari ad alta velocità”. “I miei colleghi che non hanno accettato di trasferirsi non hanno più trovato un impiego “, racconta Rowena Rancoita, dipendente di una multinazionale danese, che per arrivare da casa sua a Torino all’ufficio di Milano si sveglia alle 5.45 e prende sei mezzi di trasporto diversi per poi rincasare alle 19 passate.

In fondo, si poteva fare: un’ora di Frecciarossa al mattino, un’altra alla sera, più il tempo per raggiungere le stazioni. L’ultima stangata però fa male: “Fino a giugno 2015 pagavamo 295 euro al mese e potevamo sederci ovunque. Poi è arrivato l’obbligo di prenotare e la multa di 10 euro per chi non lo fa. Ora c’è quest’altro aumento. Non dimentichiamo che molti devono anche abbonarsi ai mezzi pubblici: 35 euro al mese a Milano e 38 a Torino”, riassume Alberto Novara, geometra e pendolare.

Chi deve viaggiare anche nei weekend pagherà l’abbonamento del Torino-Milano 459 euro, che diventano 532 con le due tessere di bus e tram. Per qualcuno vuol dire mezzo stipendio, per altri un terzo. “Io sto pensando di trasferirmi a Novara, o di viaggiare con i regionali veloci, anche se è dura perché ci mettono almeno 100 minuti anziché 60”, dice Alberto. Alessandra Magni annuisce: “Sto ragionando se chiedere un part-time e venire a Milano solo due o tre giorni a settimana”. Vilma Battagliotti è sotto choc: “Lavoravo a Roma, ho accettato il trasferimento a Milano per avvicinarmi a casa. Viaggio da dieci giorni e questo aumento è arrivato all’improvviso”. Giuseppe Callagher se lo aspettava: “Ma pensavo fosse di 20 euro, non di più”. Invece la “metropolitana d’Italia” non è poi così alla portata di chi viaggia abitualmente. Per le società dell’alta velocità i pendolari sono anti-economici: Ntv non fa abbonamenti, Trenitalia li ha resi più cari per offrire un servizio “in equilibrio economico”, come ha spiegato l’ad Renato Mazzoncini ieri a Repubblica.

Il fatto è che il servizio è così comodo che è difficile rinunciarvi. Prendere i regionali? “Vuol dire passare la vita sul treno”, lamentano i pendolari. I bus? “Ci mettono troppo e restano intrappolati nel traffico”. L’auto? “Ma lo sa di quanto è rincarata l’autostrada? “. Quindi, cosa serve? “Intervenga il Governo”, chiedono i viaggiatori, come fanno pure tanti amministratori locali e politici. Per sentire una voce fuori dal coro bisogna arrivare a Torino. Dal treno scende un noto economista, che accetta di dire la sua pur di non essere citato: “È una questione complessa. La vita a Torino costa molto meno che a Milano e quindi le persone risparmiano. Ma è giusto che lo facciano a spese della collettività?”.

REP.IT

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