Calenda è tentato dallo strappo: “Gli impegni presi non erano questi, la leadership doveva essere a due”

Una domanda a cui ieri sera in pochi sapevano rispondere, tra i dem e tra gli alleati. Tutti aspettano un sì o un no definitivo di Calenda. Attende Di Maio, più di chiunque altro, perché se Azione dovesse divorziare dal Pd si aprirebbe di nuovo uno spazio per rimodulare il patto e avere più posti. Nella chat con il gruppo di deputati e senatori di Impegno Civico, il ministro degli Esteri appare ancora cauto, non completamente soddisfatto: «Questo è solo il primo passo, di quantità, ora dobbiamo lavorare sulla qualità», cioè su chi andrà a occupare la fetta minima di collegi (8 per cento del 70 per cento del Pd) concessi. Pesa il veto di Calenda sugli ex M5S. E quindi molto, forse tutto, dipenderà da cosa farà lui. Se resterà o meno, o se, a sorpresa, riaprirà le trattative con Matteo Renzi per il Terzo Polo, anche a costo di perdere gli amici di +Europa. Bruciano le tantissime critiche ricevute, anche via social, dopo la convergenza con il Pd. E tra i membri di Azione non sono passate inosservate le ultime performance del leader di Italia Viva. Cominciano a temere che la corsa in solitaria dell’ex premier possa premiarlo, attirando il consenso liberal che era destinato a Calenda. Fa gola anche lo scenario di un 10-15% che i sondaggi indicano come potenziale traguardo di un accordo con Iv. I renziani non ci credono troppo. Ma, come tutti, aspettano una sua parola. Questa volta, a quanto pare, in tv, e non su Twitter.

LA STAMPA

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