Medici,
presidi, sindaci, governatori, sindacati. Quando manca poco più di un
giorno alla riapertura delle scuole dopo la pausa natalizia, il fronte
pro didattica a distanza si allarga. Nonostante ciò il governo, in
solitudine, va avanti per la sua strada. La linea di Palazzo Chigi resta
la stessa: si torna a scuola, in presenza, il 10 gennaio. Con le norme
entrate stanotte in Gazzetta, discusse questa mattina in una riunione
tra ministero e i sindacati, e illustrate in una circolare arrivata nel
pomeriggio ai presidi. Troppo tardi, dicono alcuni, per chi deve
riorganizzare gli istituti in vista di lunedì.
Allo strappo di Vincenzo De Luca
– che ieri con un’ordinanza ha disposto la didattica a distanza fino al
29 gennaio per gli alunni della scuola dell’infanzia, della primaria e
delle ex scuole medie – se ne aggiungono altri. In tutta Italia sono
tanti i sindaci che hanno rinviato il rientro in classe nel loro comune.
Il fronte dei governatori: “Avevamo chiesto un rinvio, Palazzo Chigi irremovibile”
In
Sicilia Nello Musumeci ha alla fine ceduto al pressing dei primi
cittadini che minacciavano di adottare, all’unisono, ordinanze per
evitare la scuola in presenza, dato l’incremento dei contagi e la
difficoltà delle Asl di fare tracciamento. Quello di Musumeci è un gesto
diverso rispetto a quello di De Luca, che invece il governo è pronto a
impugnare. Perché in Sicilia non viene disposta la didattica a distanza,
come deciso in Campania. Nell’Isola vengono solo prorogate le vacanze
di tre giorni, per “consentire una verifica di tutti gli aspetti
organizzativi”. Ma questo ulteriore atto è sintomatico di quanto sui
territori sia alta la preoccupazione in vista della riapertura delle
scuole. Musumeci non vuole lo scontro col governo centrale. Ma non può
fare finta che vada tutto bene: “Non possiamo alimentare un inutile
conflitto con Roma”, dice, avendo probabilmente a mente il fatto che il
decreto del 6 agosto stabilisce che le regioni possono introdurre la dad
solo in zona rossa o arancione. Ma poi aggiunge: “Registro la unanime
posizione di rettori, dirigenti scolastici, rappresentanti sindacali e
delle associazioni familiari, che ci chiedono di farci interpreti con il
governo nazionale della necessità di rivedere l’attuale posizione sulla
possibile scelta della didattica a distanza come strumento di
accompagnamento temporaneo verso la piena didattica in presenza”.
Sul
fronte dei governatori uno dei più attivi è Zaia. Il Veneto non ha
rinviato l’apertura delle scuole, né imposto la dad, ma il suo
presidente ha più volte fatto notare il rischio di caos da lunedì. Ed
oggi è tornato a chiedere al Cts di esprimersi sul rientro in classe.
“Abbiamo davanti uno scenario che sarà un ‘calvario’ per la scuola, tra
insegnanti colpiti dal Covid, altri assenti per malattia, altri ancora
no vax e nuove regole della Dad. Insomma quella della scuola rischia
d’essere una falsa apertura”, ha dichiarato. Quanti saranno i dipendenti
della scuola effettivamente assenti, e quanti gli studenti positivi, è
impossibile da dire. Il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, ha
stimato che già lunedì potrebbe mancare il 10% del personale. Nei giorni
successivi la situazione potrebbe peggiorare.
A
ribadire la linea delle Regioni arriva anche un post di Michele
Emiliano, presidente della Puglia nonché numero due della conferenza
delle Regioni. “Le vostre
preoccupazioni sulla riapertura della scuola – scrive – sono anche le
mie e quelle dei presidenti delle regioni italiane. Le Regioni hanno,
invano, richiesto un posticipo della riapertura per avere il tempo di
completare le vaccinazioni degli studenti e in particolare quelle dei
più piccoli, ma il Governo sul punto è stato irremovibile”. Che
con Roma non ci fosse margine di trattativa era chiaro sin da ieri,
quando il ministro Bianchi aveva affermato: “Nessun ripensamento”. Ma
nella giornata di oggi la linea dell’esecutivo è stata ancora più
chiara. E l’incontro con i sindacati non è servito a placare le
preoccupazioni. Il confronto per alcuni addetti ai lavori è stato
tardivo, così come la circolare che ne è seguita, e non particolarmente
produttivo. La nota inviata ai presidi con le ‘istruzioni per le nuove
norme’, afferma la Flc Cgil, “non scioglie le criticità e i numerosi
dubbi segnalati dalle scuole e che nella sua insufficienza e
farraginosità”. Nelle otto pagine partite da viale Trastevere nel
pomeriggio ai presidi viene spiegato come gestire le complesse regole da
attuare in caso di positivi in classe. Da notare che per le scuole
primarie si chiede ai bambini, laddove sia stato scoperto un positivo,
di “consumare il pasto ad una distanza interpersonale di almeno 2
metri”. Una distanza estremamente difficile da raggiungere nelle scuole,
tanto nelle aule, spesso troppo piene, quanto nelle mense. La stessa
prescrizione viene fatta anche per le scuole medie e superiori. In
quest’ultimo caso, però, è più difficile che si consumino pasti a
scuola.
Il governo si prepara ad agire contro l’ordinanza di De Luca. Ricorrono anche i genitori: il Tar chiede documenti alla Regione
Il
governo prepara le carte contro De Luca. Potrebbe esserci, spiegano da
Palazzo Chigi, prima un’informativa in cdm. Contro l’ordinanza del
presidente della Campania hanno fatto ricorso anche alcuni genitori
campani, rappresentati dagli avvocati Giacomo Profeta e Luca Rubinacci.
Per valutare un’eventuale sospensione dell’ordinanza il Tar ha chiesto
alla Regione di presentare dei documenti che ne spieghino i motivi.
“L’ordinanza – si legge nel decreto emesso dalla presidente di sezione
Maria Abbruzzese – motiva l’esigenza della disposta sospensione facendo
diffuso riferimento a dati, report e acquisizioni istruttorie non
disponibili agli atti del giudizio che è opportuno, in ragione della
rilevanza della questione, che vengano portati all’attenzione del
giudicante fin dalla fase cautelare”.