Povera scuola, arrivano i tagli: con la manovra chiuderanno 700 istituti. I sindacati pronti allo sciopero

Flavia Amabile

I sindacati promettono scioperi e proteste. L’opposizione attacca e assicura battaglia. Il provvedimento con cui il governo ha inserito nella manovra una riduzione dei circa 700 scuole in due anni agita il mondo della scuola e della politica. A aumentare la rabbia contro una nuova politica di tagli alle scuole sono anche due scelte del governo: l’aumento dei fondi alle scuole paritarie e un emendamento per aumentare lo staff e la dotazione del ministero dell’Istruzione riducendo i fondi dell’offerta formativa e dell’attività didattica.

Il testo approvato dal governo prevede che il dimensionamento della rete scolastica dovrà essere attuato entro il 30 novembre di ogni anno. Nei primi tre anni scolastici il correttivo dovrebbe essere pari al 7%, al 5% e al 30%. L’attuale cifra minima di studenti per assegnare a una scuola l’autonomia giuridica, e quindi anche un dirigente scolastico, sarà innalzata da 600 a circa 900. Saranno quindi realizzati degli accorpamenti tra istituti ma saranno le regioni a decidere in modo autonomo come procedere sulla base del contingente di dirigenti scolastici assegnato.

Il prossimo passo sarà un altro incontro tra ministero e sindacati la prossima settimana (ce n’è già stato uno tre giorni fa) ma soprattutto la Conferenza Stato-Regioni all’interno della quale si dovrà trovare un accordo con le Regioni e assegnare il contingente. «Non sarà semplice», annuncia Ivana Barbacci, segretaria generale della Cisl scuola. Dal suo punto di vista l’opposizione di alcune regioni potrebbe essere uno degli ostacoli principali sul cammino del provvedimento. Barbacci non è contraria al dimensionamento a patto di avere «un bilanciamento del personale scolastico e Ata, un abbassamento del numero degli studenti per classe e la cancellazione delle reggenze».

Più duro il commento di Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil: «L’accorpamento degli istituti si configura come un vero e proprio taglio che ancora una volta andrà a colpire le regioni e i territori più deboli. Si tratta di una scelta politica precisa, in continuità con quanto già realizzato in passato, un accanimento dettato da visione economicistica della scuola. Di fronte a questa situazione non possiamo che preannunciare una forte mobilitazione della categoria».

Deluso anche Giuseppe D’Aprile, segretario generale della Uil Scuola Rua. «Non voglio perdere tempo ad analizzare se si tratti di molti o pochi tagli, o se ci siano colpe o confronti da fare. Quello che mi dispiace è che ancora una volta vengono decisi dei tagli alla scuola mentre, invece, si poteva approfittare della denatalità per mettere in campo misure per affrontare problemi atavici della scuola come l’affollamento delle classi. Indipendentemente dal governo pro tempore in carica, qualsiasi esecutivo che decide di tagliare sul sistema di istruzione, agendo sulla base di logiche da ragioniere, non è un governo lungimirante». Contro la manovra il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri ha promesso una mobilitazione «articolata e ampia nel tempo». Cauto Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: «Vorrei capire come si svilupperà questa misura. Non accetteremo tagli indiscriminati, valuteremo il provvedimento sulla base delle cifre effettive».

Critiche le forze dell’opposizione. «Dopo l’audizione del ministro Valditara siamo ancora più preoccupati di quanto già non lo fossimo – afferma la responsabile Scuola del Pd, Irene Manzi – Lo show degli ultimi giorni non è servito solo a illustrare l’idea di una scuola in cui il merito è una parola vuota e dove si deve mortificare e umiliare lo studente che sbaglia, ma anche a coprire il vuoto di idee del ministro».

Ad alimentare le polemiche c’è anche la consapevolezza che nel frattempo la manovra ha aumentato i fondi alle scuole paritarie e la notizia di un emendamento presentato dal governo al decreto ministeri che prevede un aumento dello staff e della dotazione finanziaria del ministero dell’Istruzione tagliando 500 milioni l’anno all’attività didattica e all’offerta formativa. «Dopo gli insulti agli studenti, ora gli toglie risorse per darle ai consulenti. Altro che merito! Il ministero dell’Istruzione e della vergogna», commenta su Twitter Peppe Provenzano, vicesegretario del Partito democratico.

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