Calenda è tentato dallo strappo: “Gli impegni presi non erano questi, la leadership doveva essere a due”

Ilario Lombardo

ROMA. E improvvisamente, con una sapienza cinematografica degna di mamma e nonno registi, Carlo Calenda diventa maestro di suspense. Poco prima delle quattro di pomeriggio silenzia Twitter. Neanche un cinguettio, un commento, uno sfottò. Nessuna scazzottata via social con profili veri o finti. Niente, nemmeno dopo che nella sede del Pd Enrico Letta sigilla gli accordi elettorali con i rossoverdi di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni e con i neodemocristiani civici di Bruno Tabacci e Luigi Di Maio. Gli alleati che si avvicendano in due conferenze stampa separate, ai lati del segretario e contornati dai simboli Pd, sono in qualche modo un cedimento che Letta considera coerente con il patto firmato assieme a Calenda e a Benedetto Della Vedova di +Europa. Entrano in coalizione, ma sarà il Pd a caricarsi i loro collegi nella sua quota, cioè nel famoso 70 per cento di uninominali concordato con Azione, a cui andrà il restante 30 per cento.

A Calenda però quelle due fotografie non piacciono. È l’ora di cena quando dal partito fanno sapere che il Pd farebbe bene a preoccuparsi. Il leader è nero e dicono che abbia scelto il silenzio perché parlerà oggi, su Raitre, intervistato da Lucia Annunziata. Potrebbe strappare? Nessuno si sbilancia, conoscendo l’umoralità dell’ex ministro. Di certo, è tentato. Letta conta su +Europa: sperano che la minaccia di Della Vedova e Emma Bonino, di spaccare la lista e restare con il Pd, oltre all’incubo di dover raccogliere le firme, alla fine lo scoraggi.

Calenda è al mare. Nel tardo pomeriggio di ieri i pochi dirigenti che riescono a parlargli, raccolgono il suo sfogo: «Letta sa benissimo che il nostro accordo prevedeva una leadership a due, e invece qui adesso siamo tre-quattro leader». Non solo: «Avevo detto sin dal principio che non avrei partecipato ad accozzaglie messe assieme solo per battere l’avversario». E invece è proprio questo il senso dell’operazione rivendicata apertamente da Letta, Fratoianni e Bonelli: una coalizione a difesa della Costituzione e dell’architettura democratica dell’Italia.

A poco sono servite le mille prudenze con cui il segretario dem è stato comunque attentissimo a tessere gli accordi e poi a contestualizzare gli annunci. Come, per esempio, quando precisa che quello con Verdi e Sinistra italiana è solo un patto tecnico, non di governo, assolutamente sganciato dall’accordo con Azione. Troppi i punti di incompatibilità, a partire dalla grande distanza sull’Agenda Draghi. Ma questo per Calenda sarebbe ragione sufficiente per lasciare fuori Fratoianni: «Come faccio a fare campagna elettorale? Cosa rispondo a chi mi dice che vado con chi non ha mai votato la fiducia a Draghi e ha votato contro l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato?». Va bene mettersi assieme contro la destra sovranista con lo spirito del Cln, i comitati di liberazione antifascisti, ma non così, secondo Calenda: il fronte repubblicano lui, lo immaginava diversamente: raccolto attorno a idee e principi chiari. Nell’incontro avuto due giorni fa, il fondatore di Azione aveva ripetuto questi concetti identici a Letta, e lo aveva fatto con i suoi toni. «Il patto era a due, voi incarnate la parte socialdemocratica, noi quella liberale. Non puoi firmare patti alternativi che si contraddicono. A me di Di Maio e Fratoianni non frega nulla, te l’ho già detto: è affar tuo». Calenda faceva notare ieri che il contratto firmato con il Pd al punto 2 prevede che i front-runner siano solo due, lui e Letta, e poi un impegno chiaro: nessuna personalità divisiva potrà essere candidata nei collegi uninominali e più precisamente si vieta la candidatura di tutti gli ex parlamentari 5 Stelle, «usciti nell’ultima legislatura», un inciso che serve a neutralizzare il tentativo di far passare gli ex grillini come candidati di una nuova lista, Impegno Civico, fondata assieme a Tabacci in vista del voto del 25 settembre. Chi correrà negli uninominali che Letta ha promesso a Fratoianni, Bonelli e Di Maio, seppure nella quota Pd?

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