La legge sul fine vita in Parlamento rischia di fare la fine del ddl Zan

L’accordo con la destra indebolisce il fronte interno. E non è detto che rafforzi quello con il centrodestra. «Soddisfatto» per le modifiche accolte che restano «insufficienti» lo dice il capogruppo leghista in Giustizia, Roberto Turri: “Noi restiamo contrari a questa legge, proveremo a migliorarla con i nostri emendamenti, daremo battaglia in aula. Proveremo a far passare qualche modifica in aula”. La strategia leghista paventata è quella di chiedere un parere complessivo sugli emendamenti e poi rinviare tutto più avanti. Un modo velato per tagliare la discussione e chiedere il contingentamento, accelerare. Strategia poco convincente per Fratelli d’Italia, come spiega Maria Teresa Bellucci capogruppo per Fratelli d’Italia in Commissione Affari Sociali: «Contingentare vuol dire mettere un bavaglio. Bloccare la discussione che dobbiamo fare per rispetto al Paese». E sul tema delle cure palliative aggiunge: «In Italia esiste una legge sulle cure palliative. che non è stata attuata. Quello che diciamo è che la persona deve essere libera di scegliere. Ma allo stato attuale non è possibile. Inserire le cure palliative nel testo senza alcun riferimento a uno stanziamento economico è strumentale e offensivo per una questione di etica e buon senso. L’intero testo Bazoli è di per sé un tradimento della sentenza della Corte Costituzionale». Critiche che disegnano larghe intese e che sembrano indicare uno stop al ddl sul fine vita. La capogruppo del Movimento 5 stelle in commissione Affari sociali Gilda Sportiello, guarda la questione con pragmatismo: «Era questo l’accordo possibile. Siamo stati i primi a chiedere la calendarizzazione del provvedimento e abbiamo dato una spinta decisiva affinché il disegno di legge arrivasse in Aula già a dicembre. Quindi abbiamo lavorato affinché si potesse proseguire con tutti i gruppi politici per un testo più condiviso possibile. Poi, naturalmente, noi abbiamo una nostra proposta di legge a mia prima firma che evidenza il nostro posizionamento. Ma per portare una legge a discussione serve un’intesa larga e condivisa. L’approvazione in Commissione ci dice che c’è un’ampia convergenza. Poi ognuno si assuma le responsabilità di ciò che vota e che non vota».

Ognuno farà il suo, dunque, secondo coscienza. Ma c’è una ragione semplice se molti continuano a paragonare questa legge e quella contro l’omotransfobia, morta al Senato: quella ragione si chiama voto segreto (richiesta che arriverà dal centrodestra), sulla quale potrebbero confluire i contrari al testo e coloro che nei partiti di maggioranza formano una sorta di corrente Cappato, e sono sempre più convinti del «meglio nessuna legge che questa legge».

I tempi oggi sono stretti, soltanto due ore scarse che, salvo colpi di scena, prevedono l’illustrazione degli emendamenti e un rimando, forse, alla prossima settimana. Intanto, fuori dai Palazzi, sono già oltre 100 i nomi di chi ha scelto di sostenere il Referendum Eutanasia Legale ed è pronto ad attivarsi e a votare sì, nel caso in cui il referendum sia considerato ammissibile: tra i nomi di ricercatori, medici, magistrati, accademici, ma soprattutto persone, familiari, caregiver spiccano quelli del Nobel per la fisica Giorgio Parisi, la scrittrice Dacia Maraini, il matematico Piergiorgio Odifreddi, il teologo Vito Mancuso, Carlo Rovelli, fisico e saggista. «Nella distrazione assoluta delle forze politiche» Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segretario nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni «è fondamentale che la spinta per il referendum sia arrivata proprio da parte di chi vive in prima persona la realtà della malattia e della disabilità, insieme a grandi personalità del mondo della scienza e della cultura»

L’ESPRESSO

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