Caso Raztinger, l’arcivescovo Zuppi: “Ha accettato il giudizio umano, la sua lettera è una svolta epocale”
C’è chi sostiene che la missiva di Ratzinger getta un’ombra
incancellabile sul suo pontificato e sulla sua persona, minandone
l’immagine nella storia: è d’accordo?
«No. Anzi: con questa
ammissione ha ulteriormente rafforzato la sua autorevolezza di uomo,
sacerdote, vescovo e Papa emerito. Già da cardinale si era espresso
chiaramente più volte, sul tema. Peraltro lui esprime il dolore, che è
anche un interrogativo, per chi utilizza una svista per dubitare della
sua veridicità. Tutti siamo sempre inadeguati. È ipocrita chi si
scandalizza delle fragilità umane. Dio non si scandalizza del peccato. È
san Pietro che si dispera per la propria debolezza, tanto che cerca di
esorcizzarla affermando ciò che non farà: “Non ti tradirò mai”; per poi
sentirsi perduto quando tradisce. Dio ci aiuta a essere davvero liberi
dal peccato non facendo finta, fuggendolo, ma ammettendolo e
affrontandolo».
La Chiesa che cosa dovrebbe apprendere da questa lettera?
«La
Chiesa tutta è chiamata a combattere compatta il peccato, mai il
peccatore. In questo papa Francesco è un esempio per tutti. Tutti siamo
chiamati a metterci di fronte al giudizio di Dio, che è anche un grande
aiuto. E farlo come è indicato nella lettera: con equilibrio, fede,
lealtà, e allo stesso tempo affidandosi a Lui come avvocato».
Non è un modo per assolversi?
«No. Perché alla
giustizia si arriva con il giudizio sulle colpe. Difesa non è il modo di
evitare il giudizio, anzi, abbiamo bisogno del giudizio. Per i credenti
entrambi i ruoli li ricopre il Signore. Ecco perché è importante non
scappare dalle verifiche, umane e di fede».
Papa Francesco ieri mattina ha detto che sono belle le parole di Benedetto XVI sulla morte…
«Ratzinger ci ha spiegato come non lasciare prevalere il timore e l’angoscia davanti alla “porta oscura”: guardarla negli occhi ci aiuta a vivere meglio».
LA STAMPA
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