La democrazia e i diritti sono un «valore universale»

Una volta riconosciuto il diritto dei popoli alla democrazia, sorgono molti problemi: a quale democrazia hanno diritto i popoli? E quali possono essere i promotori della democrazia? Infine, con quali mezzi essi possono agire? La democrazia è una fabbrica composita, composta di elementi diversi: libertà (in particolare, libertà di stampa e di associazione), eguaglianza (in particolare, eguaglianza di genere), diritti delle minoranze, rispetto del diritto, separazione dei poteri, controllo reciproco tra i poteri, periodiche e libere elezioni, decentramento dei poteri. Questi ed altri elementi si mescolano in modo diverso e producono diversi tipi di democrazie. É quindi naturale porsi la domanda: a quale tipo di democrazia hanno diritto i popoli? A questa domanda ha dato una risposta la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 24 ottobre 2005: la democrazia è un «valore universale», ma «non c’è un unico modello di democrazia». La diversità dei tipi di democrazia favorisce il loro trapianto e l’attecchimento in contesti politici e sociali diversi.

La seconda domanda riguarda i guardiani universali della democrazia. Finora, la circolazione degli istituti democratici è stata promossa da altri Stati (ad esempio, gli Stati Uniti d’America in Iraq) e da ordinamenti sovranazionali o globali (come nel caso delle Nazioni Unite in Bosnia e dell’Unione Europea in Ungheria e in Polonia). Ma ci si può chiedere se poteri pubblici sovranazionali o globali possano svolgere il ruolo di veicolo della democratizzazione di poteri pubblici nazionali, o di facilitatori dell’esportazione della democrazia da un ordinamento nazionale ad un altro, non essendo essi stessi pienamente democratici (perché traggono la loro legittimazione indirettamente dagli Stati nazionali). E ci si può chiedere quale sia l’equilibrio giusto tra l’unità giuridica del mondo e la differenziazione delle sue parti e tra i principi democratici comuni e il rispetto delle tradizioni locali.

Ancor più difficile la risposta alla terza domanda: con quali mezzi possono organizzazioni sovranazionali e globali, o singoli Stati, imporre o ripristinare la democrazia in altri Paesi? Con la forza degli eserciti, come fecero durante la seconda guerra mondiale le forze alleate in Giappone e in Germania (non dimentichiamo che la Germania è rimasta sotto il tallone delle forze di occupazione fino al 1949, che solo dal 1955 ha avuto piena sovranità, e che Berlino è stata sottoposta a occupazione fino al 1990) o le forze multinazionali sotto la bandiera delle Nazioni Unite in Bosnia nel 1992-1995, oppure finanziando associazioni private, come fa l’organizzazione delle Nazioni Unite dal 2005?

Conclusione: l’universalità del diritto non è un mito e non lo è il diritto dei popoli alla democrazia. Per far valere questo diritto vi sono mezzi diversi e diversi promotori, perché sia gli Stati, sia le organizzazioni sovrastatali hanno interesse al rispetto di un «corpus» essenziale di regole democratiche da parte di tutti: più democrazia vuol dire un mondo più pacifico, come ha dimostrato il parallelo andamento della crescita della democrazia e della diminuzione della violenza organizzata nel mondo.

CORRIERE.IT

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