Archive for the ‘Economia – Lavoro’ Category

Imu, entro il 16 giugno si paga l’acconto: ecco chi deve farlo e chi no, i calcoli e le novità

lunedì, Giugno 5th, 2023

di Stefano Poggi Longostrevi

Le date e le novità

La stagione del modello 730 è appena iniziata ed è gia tempo di passare alla cassa per soddisfare l’appetito dei Comuni. Entro il 16 giugno, infatti, i proprietari immobiliari devono versare l’acconto 2023 dell’Imu. È confermata per fortuna l’esenzione per le abitazioni principali e relative pertinenze, escluse quelle di lusso. Resta in vigore anche la riduzione del 25% dell’Imu per gli immobili affittati a «canone concordato». Tra le novita del 2023 l’esenzione per gli immobili occupati abusivamente e quindi non utilizzabili né disponibili, a condizione che sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria per violazione di domicilio o sia iniziata l’azione giudiziaria penale per occupazione abusiva. Per i soggetti che, al 1° maggio 2023, hanno residenza ovvero sede legale od operativa in uno dei Comuni alluvionati dell’Emilia Romagna (elenco allegato al decreto legge «alluvioni»), sono sospesi i termini dei versamenti tributari in scadenza fino al 31 agosto 2023 e quindi anche l’acconto Imu. L’imposta municipale sugli immobili, come è ormai consuetudine, va pagata in due rate. Entro il 16 giugno si versa l’acconto del 50%, mentre il restante 50% va versato entro il prossimo 18 dicembre (il 16 scadenza naturale cade di sabato). Per l’acconto il conteggio è semplice, se non ci sono state variazioni nella consistenza immobiliare basta sommare l’Imu pagata nel 2022 tra acconto e saldo e versare il 50% di tale importo, per ciascuna tipologia di immobili, utilizzando il relativo codice tributo (vedi grafico a fianco). Se ci sono state variazioni nella situazione patrimoniale nel corso del 2022 o del 2023, come acquisti o vendite o successioni, è opportuno tenere conto della situazione attuale, ma applicando per l’acconto ancora l’aliquota deliberata dal comune per il 2022.

Leggi anche:
– Imu, tutte le informazioni utili per fare bene i calcoli

I criteri e gli obblighi

Nel caso di un immobile acquistato nel 2023 il contribuente può utilizzare la nuova aliquota eventualmente approvata per il 2023, se già pubblicata sul sito www.finanze.gov.it. In tutti gli altri casi è preferibile utilizzare le aliquote decise per il 2022 e poi fare il conguaglio a dicembre con quelle nuove. L’Imu si versa su base mensile applicando questa regola: il mese è computato per intero se il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto. Il giorno di trasferimento del possesso si computa in capo all’acquirente e l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del cedente. Devono versare l’Imu tutti i proprietari di immobili situati in Italia e tutti coloro che su di essi sono titolari di un diritto reale di godimento: come l’usufruttuario o chi ha un diritto d’abitazione (come il coniuge superstite sulla casa di famiglia, ma se l’abitazione non è classificata come di pregio è esente), di uso, enfiteusi e superficie. In caso di separazione o divorzio, obbligato al versamento è il coniuge assegnatario dell’immobile, anche se non proprietario, ma in genere ha l’esenzione se la casa è assegnata con provvedimento del giudice e se vi dimora abitualmente e risiede anagraficamente. L’imposta va versata anche dalle società per tutti gli immobili posseduti di qualsiasi categoria, anche se utilizzati nell’esercizio dell’attività. Sono esonerati gli immobili-merce, costruiti o ristrutturati per la vendita e rimasti invenduti. Si sono concluse le esenzioni temporanee previste per far fronte all’emergenza sanitaria e che riguardavano le imprese dello spettacolo, quindi quest’anno dovranno tornare a versare l’Imu. Nel caso di più comproprietari — o di più contitolari di un diritto reale — l’imposta è pagata da ciascuno in proporzione alla propria quota e con versamenti separati. L’esenzione per l’abitazione principale si applica solo a chi vi dimora e ha la residenza anagrafica; gli altri comproprietari che non vi risiedono devono invece pagare l’Imu.

Rating 3.00 out of 5

Giovanni Melillo: “Un rischio abolire i controlli sul Pnrr, ne approfittano corrotti e mafiosi”

domenica, Giugno 4th, 2023

Donatella Stasio

Il governo cancella i controlli della Corte dei Conti e vuole eliminare l’abuso d’ufficio? Non è credibile pretendere un passo indietro dei controlli esterni senza, al tempo stesso, rafforzare le linee di controllo interno. Il Pnrr impone rapidità dei processi decisionali? Il dovere di impiegare efficacemente le risorse viaggia con quello di farlo bene, evitando che i soldi si disperdano nei mille rivoli degli abusi e della corruzione o finiscano nelle mani della mafia.

L’attualità irrompe con forza nel grande studio del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, al secondo piano dell’edificio seicentesco di via Giulia, a Roma, che papa Innocenzo X, dopo aver verificato le condizioni disumane delle carceri di Tor di Nona, fece costruire per ospitare le “Carceri nuove”. Lì, l’umanità sarebbe stata al centro del sistema penitenziario. Lì, da poco più di un anno, ha traslocato Giovanni Melillo dalla Procura di Napoli, e al centro della sua nuova funzione c’è una parola chiave fondamentale, che poi è una postura, se non un dovere istituzionale: la cooperazione, il coordinamento, la leale collaborazione. Anzitutto tra uffici giudiziari ma anche con altre istituzioni. «Oggi più che mai – dice – c’è bisogno di una forte coesione istituzionale e politica per affrontare le nuove sfide del terrorismo e della criminalità organizzata». Ed è questa la chiave – collaborazione e non contrapposizione – con cui Melillo invita a leggere anche i “famigerati” controlli – penali, di organi di garanzia o di autorità indipendenti – che il governo vive invece come “lacci e lacciuoli”.

Signor procuratore, “lacci e lacciuoli” è l’espressione usata per definire il controllo concomitante della Corte dei Conti sul Pnrr, infatti cancellato. La vicenda tradisce una sorta di insofferenza a qualunque intervento esterno che intralci l’azione di governo. Lei che idea si è fatto?
«La stessa che ho recentemente espresso dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera, a proposito dei disegni di legge volti a cancellare o modificare le norme in materia di abuso d’ufficio. In generale, considero legittima ogni discussione sull’opportunità di definire meglio i rapporti tra la sfera decisionale politico- amministrativa e le relative forme di sindacato giurisdizionale o comunque indipendente. Tuttavia, personalmente tendo a considerare la rivendicazione di un primato dei poteri discrezionali propri della pubblica amministrazione tanto più credibile se alla richiesta di arretramento dei controlli esterni si accompagna un deciso rafforzamento delle linee di controllo interne alla pubblica amministrazione. Ma non mi pare che di ciò ci sia traccia significativa nella storia, soprattutto recente, della regolazione di quelle funzioni pubbliche. E anche questo, forse, concorre ad alimentare una spirale polemica senza fine, ma anche un’idea di efficienza dell’azione amministrativa nutrita di sospetti verso doverose funzioni di controllo».

Così, però, si sta muovendo il governo, anche sull’abuso d’ufficio: ora si parla di una riforma generale dei reati contro la pubblica amministrazione ma non una parola sui controlli interni. Può funzionare?
«È possibile tentare di raggiungere un maggiore equilibrio del sistema dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, ma mi piacerebbe che questa discussione riguardasse anche le lacune normative che ostacolano le indagini, come quelle rivelatesi nella disordinata stagione del massiccio ricorso ai finanziamenti edilizi e pandemici».

Restiamo ai controlli sul Pnrr, alcuni cruciali. Ha senso chiederne un allentamento, in generale, per poter spendere quei fondi?
«Per quanto comprenda tutta la serietà della preoccupazione di non rallentare l’impiego di quelle enormi risorse finanziarie, faccio fatica ad accettare una radicale contrapposizione fra la rapidità dei processi decisionali della pubblica amministrazione e la stessa idea di controlli efficaci, poiché i controlli sono parte essenziale dei processi di spesa pubblica. Il Paese ha certo il dovere di impiegare al più presto quelle risorse, ma anche di farlo bene, evitando che esse si disperdano nei mille rivoli degli abusi e della corruzione ovvero finiscano nelle mani della criminalità mafiosa. Se si riflettesse sul fatto che il 70% delle opere pubbliche incompiute si trova nelle regioni meridionali – evidente riflesso, da un lato, di una storica, maggiore debolezza in quelle aree del Paese delle funzioni pubbliche e, dall’altro, della maggiore gravità dei relativi fenomeni criminali – forse si attenuerebbe la contrapposizione polemica fra la necessità di spendere presto e il dovere di farlo anche bene. Diverrebbe magari possibile anche ragionare intorno a un’idea condivisa di controlli non paralizzanti ma sempre rigorosi ed efficienti. E lo dico da magistrato preoccupato anche dal rischio che all’indebolimento dei controlli preventivi segua la drammatizzazione dell’impatto di quelli affidati al giudice penale, con tutto il carico di contrapposizione polemica fra istituzioni della Repubblica che puntualmente ne seguirebbe».

Rating 3.00 out of 5

Nicolas Schmit: “I salari aumentino con l’inflazione, sì alla settimana di quattro giorni”

sabato, Giugno 3rd, 2023

Francesco Spini

«L’evoluzione dei salari deve essere collegata a quella dei prezzi», dice a un certo punto il commissario europeo per il Lavoro e i Diritti sociali, Nicolas Schmit. Il politico lussemburghese, socialdemocratico, non mostra alcuna remora nell’esorcizzare uno dei grandi timori dei banchieri centrali: «Non siamo in una spirale prezzi-salari». Nessun motivo per tenere gli stipendi bloccati. Anzi: pur in modo ragionevole «devono tenere il passo» del costo della vita. Non solo. Schmit, in una intervista pubblica condotta nell’ambito del Festival internazionale dell’Economia di Torino dal vice direttore della Stampa Marco Zatterin, usa parole di apprezzamento per il salario minimo che «ha un ruolo economico e sociale molto importante» e si schiera per la settimana corta di 4 giorni: «Spetta alle parti sociali decidere, ma mi sembra un’ottima idea».

Partiamo dall’inflazione: la corsa dei prezzi ha morso molto violentemente i salari. Cosa devono fare Stato e imprese per proteggere il potere d’acquisto dei lavoratori?

«Bisogna anzitutto agire per ridurre l’inflazione. La banca centrale ha ragione nel fare quello che sta facendo alzando i tassi. Però tra le cause dell’inflazione non ci sono i salari. C’è l’energia, almeno in un primo momento, e poi ci sono anche aziende che hanno cavalcato l’onda aumentando i prezzi più degli stipendi».

Come si può intervenire?

«Collegando l’evoluzione dei salari al costo della vita, come avviene in Germania, dove i prezzi lentamente si stanno riducendo. Questo non significa dare aumenti illimitati. Ma non possiamo rendere i lavoratori vittime della situazione inflazionistica. Gli stipendi devono tenere il passo».

I sindacati sostengono che i lavoratori hanno pagato due volte: non hanno ottenuto aumenti durante la crisi e non li hanno ora per paura dell’inflazione. Ora chiedono una copertura al 100% dell’aumento del costo della vita: è una via praticabile?

«Le persone, soprattutto quelle con compensi più modesti, hanno perso parte del potere d’acquisto. Dove esistono i salari minimi, questi tengono il passo dell’inflazione. E ciò avviene in alcuni paesi come in Francia dove c’è un sistema di indicizzazione. Servono anche accordi collettivi dignitosi, che seguano l’aumento dei prezzi. In alcuni casi serve anche compensare le famiglie meno abbienti, aiutandole a far fronte ai bisogni fondamentali come energia e cibo».

Rating 3.00 out of 5

Corte dei Conti e Pnrr, irritazione a Palazzo Chigi: ogni giorno ce n’è una. Il sospetto che sia iniziata la campagna per le Europee

sabato, Giugno 3rd, 2023

di Francesco Verderami

Le «manovre» attribuite ai politici, non più ai tecnocrati

Corte dei Conti e Pnrr, irritazione a Palazzo Chigi: ogni giorno ce n’è una. Il sospetto che sia iniziata la campagna per le Europee

Sul Pnrr la partita dell’Italia con Bruxelles non è più una questione di regole e tantomeno di numeri: è diventata una questione politica. Ne è convinta la premier, secondo la quale gli ultimi accadimenti sulla trattativa sono il segno che è iniziata la campagna elettorale per le Europee.
Ieri la dichiarazione di un portavoce della Commissione — critico con le misure del governo sulla Corte dei conti — ha convinto Meloni a reagire per sconfessare il rappresentante di Bruxelles. Il fatto che la lunga nota di Palazzo Chigi confuti punto per punto quella tesi, testimonia l’intenzione della premier di voler stoppare sul nascere un’operazione politica di cui c’era sentore da giorni nell’esecutivo e nella diplomazia. L’idea di far passare l’Italia come un Paese dove si smantellano le istituzioni di controllo è vissuta come il tentativo di accostare Roma a Budapest, a cui l’Europa ha sospeso i fondi «a tutela degli interessi finanziari» dell’Unione per non avere disposto «un controllo adeguato sulla spesa».

Una manovra spericolata e persino infondata, a sentire fior di giuristi e di leader dell’opposizione come Calenda, che ritengono corretta l’impostazione del governo. Tuttavia Meloni — constatato che «ogni giorno ce n’è una» — ha deciso di replicare, considerando strumentale l’atteggiamento della Ue sulle norme che regolano il ruolo di vigilanza della Corte dei conti. Siccome sono in vigore da tre anni, appare inspiegabile questa forma di doppiopesismo, dato che con i due precedenti gabinetti il tema non è mai stato sollevato: «A meno che il problema sia legato al nostro governo». È un esercizio retorico, perché in tal caso la spiegazione assumerebbe un chiaro significato politico, sarebbe la prova di come sia iniziata la campagna per le Europee. Palazzo Chigi continuerà a rispondere alle obiezioni in punta di regolamento, ma la premier si rende conto che sono mosse dettate dalla scadenza elettorale. E ritiene che trasmettano un segnale di grande debolezza da Bruxelles.

D’altronde, come sottolinea un autorevole ministro, «se le previsioni del voto dovessero realizzarsi e in Europa si concretizzasse una maggioranza tra Popolari, Conservatori e Liberali, cambierebbe tutto. Perciò gli avversari reagiscono». Ecco il motivo per cui oggi le manovre di disturbo verso Roma non sono più attribuite ai tecnocrati di Bruxelles, ribattezzati i «maestrini di Bruges» perché in quella città ha sede una famosa scuola di specializzazione della burocrazia europea. Stavolta il livello del conflitto è più alto: tocca i vertici dell’Unione. E non è un caso se il Ppe, scaldando i muscoli per la campagna elettorale, ha fatto stampare delle locandine contro il vicepresidente socialista della Commissione Timmermans. Così come non è un caso se la presidente popolare von der Leyen, in odore di conferma, si tiene prudentemente fuori dalla mischia.

Rating 3.00 out of 5

Tito Boeri: “La legge Made in Italy è da Ventennio, non c’è redistribuzione della ricchezza”

giovedì, Giugno 1st, 2023

Giuliano Balestreri

Globalizzazione, fisco e lavoro. Tanta economia e poca politica. Il Festival Internazionale dell’Economia, che inizia oggi a Torino, farà in qualche modo da contraltare al governo che in questi giorni è alle prese con il lavoro, la delega fiscale e il decreto sul Made in Italy. La crescita del Pil batte le attese, ma l’inflazione non molla la presa e il potere d’acquisto continua a scendere. «Il Pil non è sufficiente a spiegare la complessità della situazione. È evidente che le persone affrontino un momento di grande difficoltà e che in Italia ci sia un problema di redistribuzione» spiega Tito Boeri, milanese, classe 1958, professore di Economia del Lavoro alla Bocconi, che del Festival, arrivato alla sua seconda edizione, è il direttore. Tra marzo 2015 e il 2019 è stato ancora presidente dell’Inps.

Si parlerà soprattutto di globalizzazione: corre verso la fine?

«È un argomento estremamente divisivo. C’è chi pensa sia un fenomeno positivo e tende a vederne solo i vantaggi, penso alla possibilità di accedere a una maggiore varietà di beni; a prezzi più bassi grazie a un più elevato livello di concorrenza, ma anche la possibilità di comunicare il mondo intero, viaggiare, scambiare opinioni e culture».

E gli aspetti negativi?

«C’è chi pensa che gli svantaggi siano superiori. E teme la perdita del lavoro, vuole difendere la diversità, la propria identità e la sovranità».

Come si mettono d’accordo due anime così diverse?

«Parlarne serve a governare la globalizzazione. Per questo ne discutiamo con esperti che ne occupano da 25 anni».

Intanto le gente comune legge che il Pil è cresciuto dell’1,9%, ma fatica sempre di più a fare la spesa.

«Il Pil è un numero, ma non spiega la redistribuzione della ricchezza. E in Italia il reddito è un problema reale. Molte persone hanno perso una larga parte del proprio potere d’acquisto. Rispetto ad agosto 2021, i prezzi sono aumentati del 13-14%, mentre i salari sono cresciuti del 3-4%: questo vuol dire che in tanti, soprattutto dipendenti, hanno perso il 10% delle loro capacità di spesa».

Come si esce dalla dinamica dei lavoratori poveri?

«La chiave di volta è quella di incentivare un nuovo modello di contrattazione salariale. Servono stipendi legati alla produttività e più contrattazione di secondo livello, tra le aziende e i loro dipendenti».

Rating 3.00 out of 5

Bankitalia, dopo Visco è l’ora di Panetta

giovedì, Giugno 1st, 2023

ILARIO LOMBARDO

Potrebbe non esserci nessuna sfida, nessun rivale, nessuna sorpresa. Tutto secondo copione: Fabio Panetta dovrebbe diventare il prossimo governatore della Banca d’Italia. Questo dicono i pronostici, questo confermano ambienti finanziari, banchieri, politici di opposizione e di governo, collaboratori dei ministri, gran parte della gente che ieri era ad ascoltare le Considerazioni finali di Ignazio Visco. Finali, questa volta, nel vero senso della parola.

L’ultima curva del suo settennato, Visco l’ha affrontata gravato dal peso di dover difendere il buon nome e l’indipendenza di Bankitalia dalle esternazioni degli arditi del nuovo potere meloniano, consiglieri della premier come Giovanbattista Fazzolari che, nelle settimane di accesa diatriba sul contante, arrivò a insinuare che Palazzo Koch fosse al servizio degli interessi privati delle banche. Giorgia Meloni non smentì, anzi. Il rapporto della destra sovranista con la Banca di Via Nazionale non è stato mai dei migliori. Eppure fu proprio a un uomo cresciuto in quei corridoi che la presidente del Consiglio avrebbe voluto affidare il ministero dell’Economia. La partita si chiuse allora, nel giro di totonomi che si consumò agli albori del governo Meloni, quando Panetta, dopo continue insistenze, fece capire che avrebbe preferito restare dov’era e dov’è, cioè nel board della Banca centrale europea, ad aspettare il suo turno, che sarebbe arrivato da lì a qualche mese. E cioè entro il prossimo novembre.

In realtà, si diceva ieri, a margine delle considerazioni di Visco, che la nomina data ormai per certa potrebbe formalizzarsi anche prima, già entro l’estate. Panetta piace a Meloni, e, come spiega un ministro, si è conquistato ancora di più la fiducia della premier e dei suoi fedelissimi quando definì – sempre con garbo – «imprudente» la corsa ad aumentare i tassi della presidente della Bce Christine Lagarde, visto il rischio di compromettere l’economia. A Roma scattò l’applauso, e fu esplicito l’apprezzamento di ministri come Guido Crosetto che, di intervista in intervista, aveva accusato Lagarde di affossare ogni residuo di speranza di ripresa per l’Italia.

Quando il suo nome fu piazzato in cima alla lista dei graditi per il ministero dell’Economia, attorno a Panetta scattò una sorta di cordone di sicurezza. Per motivare il suo «no, grazie», si disse che serviva una sentinella italiana nel comitato esecutivo di Francoforte. Soprattutto in vista del braccio di ferro e dello scontro di idee su come e quanto aumentare il costo del denaro. Ma ora che il percorso di salita dei tassi è ormai quasi al suo massimo, il tema si pone con meno timore. Certo, ci sarà da monitorare e da discutere quanto velocemente andranno fatti scendere i tassi, ma la sensazione è di un’inflazione più gestibile. E poi, l’Italia è già pronta a trattare per il sostituto di Panetta, e il nome che circola con più insistenza è quello di Piero Cipollone, membro del Direttorio e vicedirettore generale di Banca d’Italia, già consigliere economico dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

La destra considera Panetta uno della famiglia, e nel corso di questi mesi ha alimentato una leggenda che in realtà piace poco al banchiere. Chi gli ha parlato riferisce di un atteggiamento molto distaccato e infastidito di fronte alla voglia dei partiti di governo di accreditarlo come uno di loro. Per amore della sua storia, si definisce «un indipendente, al servizio del Paese», senza padrini politici. Un uomo di Bankitalia, certamente. Ed è questa una cifra che, raccogliendo testimonianze interne all’istituto, emerge con forza. Come se il corpaccione di Via Nazionale lo considerasse l’erede naturale di Visco.

Rating 3.00 out of 5

La stretta su Airbnb: minimo due notti per i soggiorni in città. Ecco come cambieranno gli affitti brevi

mercoledì, Maggio 31st, 2023

Giuliano Balestreri

Stop agli affitti brevi per meno di due notti. La stretta su Airbnb invocata da Federalberghi – che chiedeva proprio una limitazione per i soggiorni inferiori ai tre giorni consecutivi – è pronta sul tavolo della ministra del Turismo, Daniela Santanchè. E il 29 maggio, dal suo ufficio legislativo è stata inviata l’ultima bozza del disegno di legge a tutti gli operatori del settore. D’altra parte, all’assemblea di Federalberghi di metà maggio, la ministra aveva annunciato un intervento per l’inizio di giugno.

L’obiettivo dichiarato è quello di «fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali», ma anche salvaguardare «la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento». Per prima cosa, il ministero del Turismo assegnerà dietro richiesta un codice identificativo nazionale (Cin) «ad ogni immobile ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche». Ma la stretta vera prevede che «a pena di nullità la durata minima del contratto di locazione per finalità turistiche non può essere inferiore a due notti» a meno che gli affittuari non siano un «nucleo familiare numeroso composto da almeno un genitore e tre figli». Tutti gli altri dovranno andare in albergo.

Un assist vero e proprio a Federalberghi con sanzioni fino a 5 mila euro per chi non possiede il codice identificativo nazionale per ogni appartamento – un codice da esporre sui portali e all’ingresso della casa. Inoltre, arriva l’obbligo per chi affitta più di quattro appartamenti – quindi in forma imprenditoriale – di presentare una comunicazione di inizio attività, con una nuova categoria economica assegnata specificamente alle locazioni turistiche.

Si tratta di un provvedimento che ignora completamente le richieste dei sindaci, capeggiati dal primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, di mettere un tetto agli affitti brevi a 120 giorni l’anno per porre un rimedio anche all’emergenza abitativa. Un norma in questo senso – o che riducesse i vantaggi fiscali per gli affitti più lunghi – era auspicata per calmierare il prezzo degli affitti.

Rating 3.00 out of 5

Torino capitale dell’economia: domani si apre la seconda edizione del Festival internazionale, con 4 Nobel

mercoledì, Maggio 31st, 2023

Fabrizio Goria

TORINO. Globalizzazione, sfide del futuro, sviluppo sostenibile. Il Festival internazionale dell’Economia di Torino, dal 1° al 4 giugno, ha un obiettivo importante: essere il baricentro per un pianeta che sta perdendo il suo asse. Troppa l’incertezza, in aumento le tensioni. Ed è proprio per questo che, come ha detto il coordinatore scientifico della kermesse, Tito Boeri, «Torino sarà il centro del dibattito economico mondiale» per quattro giorni. Quattro anche i premi Nobel – Michael Spence, Paul Krugman, Josh Angrist, David Card – che a Torino porteranno le proprie idee. Ma anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e i commissari europei Paolo Gentiloni e Nicolas Schmit. Lo scopo è quello di fornire risposte alle tante, troppe, domande che incidono sull’economia globale.

Dopo una vincente prima edizione, il Festival dell’Economia di Torino è pronto a partire. Fiducioso sulla buona riuscita dell’evento è il comitato organizzatore, capitanato da Laterza e dal Real Collegio Carlo Alberto. “Ripensare la globalizzazione” è il tema principale, ma non l’unico. La sostenibilità – sociale, economica, ambientale – sarà discussa almeno tanto quanto il futuro dello sviluppo economico. Al Festival si parlerà «degli errori fatti sin qui e di come correggerli» con Dani Rodrik, economista di Harvard tra i primi teorici di una globalizzazione più “sana”. E si discuterà anche di innovazione con John Elkann, presidente di Stellantis, che alle 14 di domani al Museo del Risorgimento darà la sua visione di come è possibile crescere in modo sostenibile in un mondo globalizzato. Tema, quest’ultimo, che ricorrerà spesso nella kermesse. Per esempio, ne parlerà anche David Autor del Massachusetts institute of technology, che farà il punto sull’espansione della Cina e le possibili conseguenze della riapertura del Dragone nella fase post-Covid. Si discuterà invece di dinamiche dei prezzi, proprio in una fase in cui l’inflazione sui servizi risulta essere più persistente del previsto, con Lucrezia Reichlin della London Business School. Non mancheranno gli intellettuali più giovani, ma già affermati, che potranno fornire freschezza alle discussioni nel centro di Torino.

Rating 3.00 out of 5

Pensione, come sarà la riforma: più flessibilità in uscita, ma la Fornero non sarà cancellata

mercoledì, Maggio 31st, 2023

di Diana Cavalcoli

l nodo pensioni

Dopo lo scoglio delle amministrative, Giorgia Meloni spinge sulle riforme. Nella giornata di martedì 30 maggio la premier ha incontrato le parti sociali per esaminare le ricette anti-inflazione ma anche per parlare di riforma delle pensioni oltre che di quella fiscale. Proprio sulla riforma previdenziale il confronto con i sindacati è serrato: proprio in queste ore Maurizio Landini, leader della Cgil, ha ribadito l’intenzione di avviare un percorso di mobilitazione italiana ed europea «per la lotta alla precarietà, l’aumento dei salari e delle pensioni». Ma come potrebbero cambiare le pensioni? E quale destino per la Legge Fornero e per il suo limite a 67 anni dell’età pensionabile?

La posizione della Corte dei conti

Qualche indizio arriva dal rapporto 2023 sul Coordinamento della finanza pubblica. Nel documento la Corte dei Conti sottolinea come la logica di fondo della legge Fornero non vada messa in discussione. I giudici fanno solo riferimento alla possibilità di «correggere con misure mirate alcuni punti di eccessiva rigidità della legge». Una soluzione potrebbe così essere il rafforzamento dell’Ape sociale, l’anticipo pensionistico, che dal 2017 ha interessato più di 93 mila persone. In questo scenario non troverebbe spazio Quota 41 fortemente voluta dalla Lega di Matteo Salvini e considerata costosa dai giudici, che sottolineano la necessità di uno stop alle varie Quote. Un superamento quindi di Quota 100, Quota 102 e Quota 103, che nel 2023 rappresenta la via d’uscita anticipata dal mondo del lavoro per ottenere la pensioni, anche se con varie limitazionie penalizzazioni (leggi qui i pro e i contro dell’uscita anticipata con quota 103).

Rating 3.00 out of 5

Riforma del Fisco, dalla Flat Tax per i giovani a tredicesima esentasse e superbollo: le novità che resistono (e quelle accantonate)

martedì, Maggio 30th, 2023

di Redazione Economia

La riforma del fisco entro l’estate

Addio al superbollo auto, sì alla flat tax per i professionisti under 35 e riforma dell’Irpef instradata. Il governo punta al primo via libera in Parlamento della legge delega sulla riforma fiscale entro l’estate. Nel mentre sono arrivati oltre 600 emendamenti al ddl dai partiti alla commissione Finanze della Camera. Con alcune proposte condivise tra le forze di maggioranza e l’esecutivo. Vediamo le misure che potrebbero sopravvivere all’iter.

Flat tax alle associazioni professionali di under 35

Si prevede nel testo l’estensione della flat tax alle associazioni professionali e società di professionisti composte da giovani. Il regime forfetario si applicherebbe anche alle associazioni professionali, alle società tra professionisti, alle società di persone e imprese familiari composte al massimo da tre professionisti under 35 anni. Realtà che abbiano dichiarato ricavi o percepito singolarmente compensi non superiori a 85 mila euro l’anno. Per questi soggetti la tassazione dovrebbe attestarsi quindi al 15%.

Addio al Superbollo

Si va verso l’addio al superbollo, il contributo dovuto dai possessori di auto di potenza superiore a 185 Kw. Una tassa che costa 20 euro per ogni Kw oltre i 185. Secondo i dati di Federcarrozzieri, l’associazione delle autocarrozzerie italiane, dalla sua introduzione il superbollo è costato circa 1,2 miliardi di euro agli automobilisti italiani.

Riduzione delle aliquote Irpef e Irap

Una delle principali misure della riforma fiscale a cui sta lavorando il governo riguarda la riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre su cui c’è accordo nelal maggioranza. Interventi previsti anche per Irap e Ires. Dice il vice ministro all’economia Maurizio Leo intervenendo al Festival dell’Economia di Trento:«Per l’Ires ad esempio, è prevista una norma specifica. Per l’Irap invece, si passerà ad una riduzione graduale, che si differenzierà in base al soggetto giuridico».

Più tempo per pagare le tasse e F24

Fra le proposte depositate anche la rateizzazione dell’acconto di novembre all’anno successivo e l’ampliamento nell’utilizzo dell’F24 come mezzo di pagamento unico di qualsiasi imposta, tassa o contributo ad Enti pubblici.

Tassa di laurea

Nella lista dei tagli dovrebbe rientrare anche la tassa sulla laurea, ovvero un contributo da versare al momento dell’immatricolazione e per l’iscrizione agli anni successivi al primo. Un’ imposta che ad oggi vale circa 1 milione di euro l’anno. Nell’esecutivo si discute anche sull’azzeramento delle micro-imposte per il rilascio dei diplomi, per gli esami di idoneità e per l’iscrizione a scuola. Tasse che valgono circa 44 milioni di euro.

Tasse giù sulla tredicesima

Il viceministro Leo ha parlato anche dell’ipotesi di ridurre le tasse sulla tredicesima per i lavoratori dipendenti. Non escludiamo, ha detto, di «pensare che una retribuzione straordinaria – è tutto da valutare in base alle risorse – come ad esempio la tredicesima» venga assoggettata «ad una tassazione più bassa per mettere più soldi nelle tasche degli italiani nell’ultimo mese dell’anno. È una cosa che già c’è nella delega, che dobbiamo sperimentare e vedere come costruirla».

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.