Le cinque tappe per aiutare il pianeta e superare la “policrisi”

Sandrine Dixon-Declève

Dobbiamo affrontare una molteplicità di emergenze ambientali. Oltre al cambiamento del clima, anche le attività umane stanno avendo un impatto negativo sul terreno e sui corsi d’acqua terrestri con l’inquinamento chimico, l’urbanizzazione e la portata sempre crescente dell’agricoltura industriale. Al tempo stesso, i ghiacciai si stanno fondendo ed eventi meteorologici estremi, come siccità e alluvioni, sono sempre più familiari. Povertà e disuguaglianza continuano ad aumentare. Alle radici di questi problemi socioambientali c’è un modello economico globale basato sulla crescita infinita a qualunque costo.

Questa policrisi non è una minaccia lontana: già adesso sta avendo un impatto diretto sulle vite dei cittadini italiani e questo dovrebbe farci riflettere. La pandemia da Covid, il cambiamento del clima e l’invasione dell’Ucraina ci hanno aiutato a comprendere quello che conta davvero nella vita: la salute, la comunità, la natura, un reddito stabile, la cultura e la pace. In sintesi, il benessere per tutti. Eppure, le nostre economie non si stanno riprogrammando in linea con queste esigenze.

Nel 1970 si riunì per la prima volta il Club di Roma, guidato dall’industriale italiano Aurelio Peccei. Studiosi e scienziati si trovarono per discutere quella che Peccei definì la moderna «situazione difficile dell’umanità». Due anni dopo, fu pubblicato il primo importante rapporto del Club, il Rapporto sui limiti dello sviluppo. Il libro metteva in discussione l’idea che la crescita materiale continua e la ricerca di una espansione economica senza fine fossero compatibili con le risorse della Terra e il benessere umano. Questi avvertimenti passarono perlopiù inascoltati per il resto del ventesimo secolo ma, quando finalmente si percepirono le realtà del cambiamento del clima e della disuguaglianza sociale, alcuni leader e alcuni Paesi iniziarono a incentivare un nuovo tipo di economia, incentrata sul benessere più che sulla crescita. All’avanguardia di questa trasformazione ci furono nazioni guidate da donne come Jacinta Ardern in Nuova Zelanda e Nicola Sturgeon in Scozia.

Nonostante questo, il cambiamento incrementale in una manciata di piccoli Paesi non eviterà la catastrofe climatica né ridurrà le disuguaglianze sociali in Europa e tra nazioni più ricche e nazioni più povere. Quel che serve, invece, è un cambiamento della società su vasta scala, tale da poter proteggere meglio la natura, risanarla e portare benessere a molti. “Earth4All: A Survival Guide for Humanity”, l’ultimo rapporto pubblicato dal Club di Roma nel settembre 2022, illustra nei dettagli come raggiungere questo obiettivo.

Gli autori – scienziati, economisti e pensatori politici di tutto il mondo – individuano cinque straordinarie «inversioni di tendenza» per rendere realtà questa visione: porre fine alla povertà, risolvere la disuguaglianza, raggiungere l’equità di genere, effettuare la transizione verso l’energia pulita, rendere i sistemi alimentari salutari per gli esseri umani e per il pianeta. Queste inversioni di tendenza sono i requisiti minimi perché le nostre società possano creare economie in grado di sostenere il benessere per tutti e proteggere l’ambiente. Secondo la nostra analisi, gli investimenti dovrebbero essere pari ad appena il 2-4 per cento del reddito globale complessivo. Earth4All chiarisce anche come queste “inversioni di tendenza” siano collegate tra loro e spiega che il successo dipende dal fatto di affrontarle insieme e contemporaneamente. La redistribuzione della ricchezza è necessaria, per esempio, per rifondare la fiducia nei sistemi democratici essenziali affinché i governi diano vita a un ampio sostegno politico, necessario a prendere decisioni coraggiose. Nello stesso modo, diminuire l’uso da parte nostra di risorse naturali apporterà benefici all’ambiente e aumenterà la stabilità globale e la sicurezza riducendo il potenziale per conflitti e guerre.

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