Quel battaglione Bozen che si arruolò nelle SS

Giovanni De Luna

Musicisti altoatesini… Il presidente del Senato, Ignazio Benito La Russa, liquida così i militi del III Battaglione del Polizeiregiment “Bozen” che furono uccisi in via Rasella. Omettendo che quel “reggimento di musicisti” sarebbe diventato pochi giorni dopo, il 16 aprile 1944, l’SS-Polizeiregiment “Bozen”. A pensarla diversamente da La Russa furono, fin da subito, proprio i tedeschi che considerarono quei morti come loro morti chiedendo agli alleati fascisti di “onorarli” con una rappresaglia spietata e immediata.

Ormai è chiaro il progetto del governo di destra di riscrivere la storia. Ma questa volta si è davvero sfiorato il grottesco. La Russa, lo sappiamo, si è formato nell’ambiente missino che considerava la Resistenza come un’esperienza “di comunisti e voltagabbana”. Tracce di quella vulgata affiorano in ogni sua dichiarazione pubblica e ritornano puntualmente anche in quella su via Rasella. Dire oggi che la Resistenza fu “inquinata” dalla presenza dei progetti totalitari dei comunisti vuol dire negarsi ogni possibilità di sciogliere uno dei paradossi più complessi e affascinanti della nostra storia: l’ideologia comunista, che in altri Paesi, a cominciare dall’Urss, ha voluto dire gulag e dittatura, qui da noi è stata una parte decisiva della lotta per la libertà. Su 5.122 condannati dal Tribunale speciale del fascismo, 4.900 erano comunisti. Nel ventennio furono cioè i comunisti la forza di opposizione numericamente più rilevante nello schieramento che si oppose a Mussolini. Durante la Resistenza il 50% degli effettivi partigiani militava nella brigate Garibaldi (il 30% era di GL, il restante 20% diviso tra socialisti, monarchici, democristiani, anarchici, repubblicani, etc…). E anche nel dopoguerra, nel clima infuocato della guerra fredda, il Pci, che pure prendeva ordini da Mosca, contribuì a rintuzzare le spinte antidemocratiche di quello che allora veniva definito il clericofascismo. Da noi, insomma, è stato l’antifascismo che ha indotto i comunisti a lottare per la libertà e la democrazia. Questo per gli storici è un dato di fatto che però non è mai riuscito a scalfire le granitiche certezze dei reduci di Salò (inchiodati allo slogan “onore e fedeltà all’alleato tedesco”) e dei loro eredi.

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