Giorgia Meloni: «Ho fatto tutto ciò che potevo. Nessuna paura, so che vinceremo»

di Paola Di Caro

Ancora distinguo con Salvini su presidenzialismo e riforme maggioranza: se dipendiamo dai sì della sinistra, rischia anche l’autonomia

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Ultime frenetiche ore a cercare i voti uno ad uno, dalla tivù e nelle piazze, perché «non abbiamo ancora vinto», poi Giorgia Meloni – assicura – «sparirà» dalla scena. Nessun giallo, solo una giornata – oggi – da dedicare interamente alla sua bimba, Ginevra, che il 16 settembre ha compiuto 6 anni: «Ho fatto tutto quello che potevo. Adesso tocca agli elettori».

La leader di FdI non vuole dare nulla per scontato, ma «sorrido quando leggo o sento ricostruzioni degli ultimi giorni su una nostra paura di non farcela: è l’esatto contrario». La rimonta del M5S? «E’ una narrazione che non esiste, e lo dico perché ho girato tutta l’Italia e certe cose si percepiscono». Il pareggio non è nemmeno un’ipotesi «per una questione matematica, non un’opinione. Da una parte c’è una coalizione – coesa, forte, credibile, con un programma unitario – dall’altra dei partiti. Non è una sfida tra un partito e l’altro». E in ogni caso, si chiede, quali mai sarebbero le eventuali alleanze che gli avversari metterebbero in campo: «Lo dicano. Li ho sfidati a spiegarlo, nessuno lo ha fatto. Perché mirano solo all’inciucio, all’ennesima ammucchiata». Che comunque, è convinta, non ci sarà: «Il centrodestra avrà i numeri per governare, e spero che FdI, che è il partito della difesa degli interessi nazionali del popolo italiano, abbia la fiducia di elettori».

Nessun dubbio sul suo primato neanche fra gli alleati, che giovedì nel comizio unitario di fine campagna a Roma le hanno affidato la chiusura, come si fa con chi è considerato il leader della coalizione. Lei ha occupato la scena, e ha promesso una riforma presidenziale anche senza il Pd. Letta è insorto, Meloni spiega: «Ho detto più volte e lo ribadisco: noi vogliamo coinvolgere tutti nella riforma delle istituzioni. Ma è chiaro che deve esserci disponibilità da parte degli altri partiti a dialogare. Sennò che si fa?». Già,cosa? Salvini si oppone a riforme a «colpi di maggioranza»: «Beh, è una novità sapere che le cose si fanno solo se è d’accordo la sinistra… Immagino che Salvini capisca che, se diciamo che andiamo avanti con le nostre riforme solo se la sinistra dice sì, significa che oggi tocca al presidenzialismo, ma domani all’autonomia…».

Insomma, anche l’ultimo giorno non mancano le stoccate tra alleati, dalla lista dei ministri (lei assicura che «non useremo il manuale Cencelli») alle priorità. Ma il fronte più duro per lei è stato quello dei giudizi, delle preoccupazioni, delle condanne, che le sono arrivate da media stranieri, da alcune cancellerie, ultima anche l’uscita della presidente della commissione UE von Der Leyen. La sua risposta è stata da una parte rassicurare che «non siamo un pericolo», dall’altra puntare il dito su quelli che sarebbero i mandanti di attacchi che, precisa «non sono stati per nulla corali», come dimostrano le aperture di Bloomberg, l’atteggiamento cauto della Reuters, di molta stampa americana.

Più duri gli osservatori europei, ultimo ieri l’Economist che si chiede se e quanto sia un pericolo per l’Europa Meloni: «Questa narrazione su di noi è frutto dell’atteggiamento di una sinistra impegnata fin dal primo giorno in una campagna denigratoria, mirata solo ad ottenere endorsment non al bene del Paese. Sono andati in giro in tutto il mondo a sputare addosso all’Italia, facendo un danno non a me – perché non mi tolgono voti – ma alla Nazione. È gravissimo». Trappola, sostiene Meloni, in cui è caduta anche Von Der Leyen: «Ha corretto la sua dichiarazione iniziale, ma la responsabilità anche di questa uscita è della sinistra. Poi: i commissari Ue è come se fossero i ministri di tutta la Commissione europea. Quindi consiglio prudenza, se si vuole credibilità».

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