Se scompare la figura dell’avversario

MARCO FOLLINI

Caro direttore, la tentazione di non andare a votare lambisce anche chi, come il sottoscritto, ha fatto per anni e anni della politica una sua ragione di culto. Poco male, le tentazioni sono fatte per essere vinte -e alla fine sarà come deve essere. Quello che resta da chiedersi però è perché mai intorno a questa sfida, pure cruciale, si assista a un disincanto così diffuso. Cosa c’è che non va nella nostra politica, tutta quanta (e pur nelle grandi differenze tra gli uni, gli altri e gli altri ancora)?

A quelli della mia età verrebbe da rispondere che c’è, nei partiti e nei loro leader, come la traccia di una curva discendente. Argomento scivoloso però, per la mia generazione. Infatti potremmo magari rivendicare di aver letto qualche libro in più, di aver studiato un po’ più a fondo, di aver fatto qualcuno di quei corsi di formazione che mancano ai neofiti. Ma una volta convenuto sul fatto che ci sia stato un certo degrado nella qualità della classe dirigente, dei quadri di partito, dei parlamentari, andrebbe altrettanto riconosciuto con dolorosa onestà che anche noi, più anziani ma non ancora troppo vecchi, facciamo parte di quel degrado. Possiamo sbeffeggiare la poca cultura politica di molti di coloro che sono venuti dopo e che adesso stanno prendendo in pugno le redini. Ma dobbiamo a nostra volta considerare che i grandi maestri alle nostre spalle erano decisamente migliori di noi. E dunque, se degrado c’è oggi, degrado c’era anche prima. E se talora possiamo rivendicare un merito a fronte dei nostri successori non proprio titanici, dobbiamo considerare che questo stesso argomento, tale e quale, poteva facilmente venire adoperato contro tutti noi appena qualche anno fa.

Dunque il problema non può essere solo l’avvicendarsi di generazioni più o meno dotate e formate. Semmai, il problema sta nel fatto che è scomparsa dall’orizzonte politico dell’ultima generazione – questo sì- la figura stessa dell’avversario. Abbiamo cancellato, tutti quanti, i suoi meriti, i suoi insegnamenti, le sue sollecitazioni. In una parola, il suo contributo a migliorare ciascuno di noi. E infatti, si sta svolgendo non per caso una campagna elettorale che è quasi solo un fastidioso intreccio di monologhi. Ognuno recita la propria particina, ma nessuno ascolta, né prende nota della parte altrui. Come se l’altro non ci fosse. Salvo farne l’inutile sparring partner delle proprie stesse predicazioni.

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