Promettete, purché con giudizio

Da ultimo il presidenzialismo, cavallo di battaglia di Fratelli d’Italia e di Berlusconi. Il fascismo, le derive autoritarie di cui parlano i soliti noti, non c’entrano niente. La proposta non va bene per un insieme di ragioni che attengono a questioni di tecnica costituzionale (benissimo sintetizzate da Luciano Violante su Repubblica). La proposta ha senso solo se serve a lanciare un sasso in piccionaia. Archiviato, con il referendum del 2016, il progetto Renzi teso a rafforzare l’esecutivo, delle anomalie della nostra democrazia parlamentare non si discute più. Ma esse (a cominciare dal bicameralismo simmetrico: due Camere con uguali poteri) sono sempre lì.

Quando si sentono i soliti cantori della «Costituzione più bella del mondo» denunciare le solite derive autoritarie, bisogna resistere al (comprensibile) impulso di plaudire alle suddette derive. Costoro usano sempre le stesse parole, si tratti di attaccare la proposta di Renzi o il presidenzialismo di Meloni. Dal loro punto di vista, sono tutte varianti della «marcia su Roma». In modi diversi, tutte le grandi democrazie europee (eccetto l’Italia) hanno governi istituzionalmente forti. Perché solo noi dobbiamo subire la maledizione di governi deboli? Non è il presidenzialismo di Meloni che potrà risolvere il problema. Ma se consentirà, dopo le elezioni, di aprire un dialogo fra le forze politiche per trovare soluzioni istituzionali possibili e praticabili, tale proposta sarà comunque servita a qualcosa.

Senza bisogno di scomodare l’hegeliana astuzia della ragione, si può forse (sommessamente) auspicare che qualche germoglio di razionalità sbocci persino in questa campagna elettorale. Nonostante il solito diluvio di spacconate.

CORRIERE.IT

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