La telefonata e il no all’incontro, Draghi adesso teme lo strappo

Non si capacita che in un anno e mezzo di governo, nei momenti politicamente più delicati, Draghi abbia una frequentazione telefonica con Grillo, che per statuto non ha più grandi poteri, invece di sentire lui che è a capo del partito. Con il comico le telefonate e i messaggi del premier non sono stati pochi, anche recentemente, a ridosso dell’importante appuntamento parlamentare sull’invio delle armi in Ucraina. Ne erano a conoscenza molti parlamentari grillini e anche il presidente della Camera Roberto Fico. Per Conte la telefonata è anche l’occasione di ripercorrere gli ultimi mesi, le tante tappe di uno scontro rimasto sotterraneo e quello che considera «un accanimento» contro i Cinque Stelle. Al telefono con Draghi elenca tutte le iniziative che dal suo punto di vista il governo avrebbe preso per «indebolire il Movimento». L’addio al cashback, il Superbonus che il Tesoro punta a smantellare e che Draghi ha bocciato pubblicamente a Strasburgo, a inizio maggio. E ancora: l’informativa in Parlamento sugli aiuti militari a Kiev. Conte si lamenta con Draghi del fatto che non ci sia stata neanche una minima apertura alla richiesta avanzata dal M5S di un maggiore coinvolgimento del Parlamento, né da Palazzo Chigi né dalla Farnesina. Sullo sfondo c’è ovviamente la scissione di Luigi Di Maio. L’esodo di 60 parlamentari del M5S. Le cause e la tempistica. Conte non arriva a dire a Draghi di sospettare una sua regia dietro le mosse di Di Maio ma gli ricorda che in un momento complicato, in piena guerra, il ministro degli Esteri si è occupato di raccogliere transfughi per creare un suo gruppo parlamentare.

La conclusione che ne trae l’avvocato è semplice: «Diteci se ci volete fuori dal governo». Draghi ne vorrebbe parlare di persona e invita Conte a vedersi a Palazzo Chigi, già oggi. Il presidente del M5S evita di prendere un impegno formale e in serata dal suo staff fanno sapere che non vedrà il premier. Lo strappo è uno scenario che diventa di ora in ora più concreto. Le spinte dentro il M5S sono fortissime. E le voci, un misto di rabbia e di disaffezione, arrivano fino al presidente del Consiglio. Potrebbe succedere già a luglio, o massimo a settembre. Un epilogo che Draghi intende scongiurare ma che anche Di Maio gli ha prospettato come possibile. Un effetto domino che potrebbe causare una competizione interna tra M5S e Lega e, dunque, una crisi irreversibile. Matteo Salvini avrebbe intuito le intenzioni di Conte e vorrebbe ora giocare di anticipo per non lasciare all’avvocato un anno, o poco meno, di campagna elettorale all’opposizione assieme a Giorgia Meloni. Per rompere, però, serve un pretesto. Dipende da chi arriverà prima.

LA STAMPA

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