La telefonata e il no all’incontro, Draghi adesso teme lo strappo

ILARIO LOMBARDO

INVIATO A MADRID. La crisi, adesso, è una minaccia concreta. Lo intuisce Mario Draghi. Lo intuisce quando chiude la telefonata con Giuseppe Conte e quando gli riportano gli ultimatum dei leghisti, pronti a lasciare il governo dopo l’accelerazione impressa da Pd e M5S alle leggi sulla cannabis e sulla cittadinanza ai figli di immigrati che frequentano le scuole italiane. È una giornata che sembra complicarsi di ora in ora, per il presidente del Consiglio, volato l’altro ieri sera a Madrid per un importantissimo vertice della Nato, forse il più importante della sua storia, il primo che si tiene mentre l’Europa riscopre il sapore di ferro della guerra in casa. Eppure, Draghi lascia il vertice con un giorno di anticipo, a sorpresa, per rientrare a Roma in serata, dopo la cena con i leader al museo del Prado. E dopo lunghe ore di polemiche scatenate dai due principali partiti della coalizione.

Alle tre di pomeriggio, Draghi convoca la stampa per una breve dichiarazione. In Italia, sta succedendo di tutto. Le rivelazioni sulle telefonate del premier a Beppe Grillo, in cui, secondo quanto il comico avrebbe confessato al professore Domenico De Masi e a diversi deputati, Draghi avrebbe chiesto di liquidare la leadership di Conte, hanno mandato su tutte le furie l’avvocato. L’ex premier attacca il suo successore frontalmente. È la prima volta che succede. Con toni che suonano implacabili e prima di salire al Quirinale dal presidente Sergio Mattarella.

Per ore Draghi non smentirà nulla delle ricostruzioni. Lo farà solo all’ora di cena, quando fonti di Palazzo Chigi preciseranno che il presidente del Consiglio «non ha mai detto o chiesto» a Grillo di rimuovere Conte dal M5S. Stessa smentita che quasi contemporaneamente arriva da Grillo, il che ha fatto sospettare un contatto tra i due. Nel pomeriggio, però, Draghi si limita a rivelare solo di aver sentito al telefono Conte, di aver «iniziato» con lui un chiarimento e di aver rinviato il confronto a un faccia a faccia che il presidente del Consiglio avrebbe voluto avere già oggi, al suo ritorno a Roma.

La telefonata, in realtà, non sarebbe andata benissimo. Almeno stando alle fonti più vicine a Conte. È Draghi a cercare il leader. In un primo momento, il presidente del M5S, impegnato in una riunione, non risponde. Poi è lui a richiamare il premier. Draghi prova a spiegare quello che è avvenuto e a dare la sua versione dei fatti. Conte non gli crede, ed è categorico. Durante il colloquio più volte userà il termine «grave». «È molto grave quello che è successo – dice – Non ne faccio una questione personale, ma di democrazia e di istituzioni». Per Conte, è inaudito che il premier intervenga nella vita interna di un partito. Ma c’è di più.

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