Ucraina, l’America si mobilita

Alberto Simoni

DAL CORRISPONDENTE A WASHINGTON. Soldati in stato di allerta, armi agli ucraini e ritiro del personale non necessario dall’ambasciata a Kiev. Il presidente americano Joe Biden imprime un’accelerazione drammatica nella gestione della vicenda ucraina e poi parla con gli alleati europei – fra cui il premier italiano Mario Draghi – in una videoconferenza durata 1 ora e 20 per fare il punto sulla situazione e ribadire la compattezza alleata.

La Casa Bianca ha sottolineato «l’unanimità» di vedute con gli europei sia sui «preparativi per imporre gravi costi economici alla Russia» sia su come «rafforzare la sicurezza sul fianco orientale». Biden ha enfatizzato la totale unanimità anche per dissipare i dubbi sulla tenuta occidentale e fare chiarezza su alcune divergenze emerse negli ultimi giorni con Berlino sulla consegna di armi a Kiev. «In febbraio il neo cancelliere tedesco Olaf Scholz sarà alla Casa Bianca» aveva annunciato pochi minuti prima della videoconferenza la portavoce di Biden Jen Psaki in un ulteriore gesto distensivo.

Fonti di Palazzo Chigi hanno riassunto l’incontro sottolineando «l’esigenza di una risposta comune» e «il sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina». La diplomazia internazionale ha rilanciato la necessità di tenere «aperto un canale di dialogo con la Russia» chiarendo nel contempo «le gravi conseguenze che un ulteriore deterioramento della situazione potrebbe comportare».

Ben prima della conference call gli europei erano rimasti sorpresi dalla rapidità con cui Usa, Regno Unito e Australia avevano deciso l’evacuazione del personale diplomatico dalle ambasciate a Kiev definendo l’azione – parole di Josep Borrell, capo della diplomazia Ue – «un’eccessiva drammatizzazione».

Il fatto è che a Washington sembrano convinti che il ventaglio delle misure di deterrenza non può reggersi interamente sulla minaccia delle sanzioni, pur se pesantissime e destinate a colpire non solo il comparto finanziario ed energetico ma anche – secondo un’anticipazione del Washington Post – la capacità russa di procurarsi all’estero semiconduttori e altre materie chiave per le tecnologie. La via maestra resta la diplomazia e Washington continuerà a perseguirla con determinazione. Ma nessuno scarta ormai apertamente l’ipotesi che non possa fallire tanto da far dire a Linda Thomas Greenfield, ambasciatrice Usa all’Onu: «Siamo pronti a ogni opzione se la soluzione diplomatica non funzionasse». Questra strada sembra più stretta di qualche giorno fa: i rapporti che sono arrivati a Biden nel weekend a Camp David hanno convinto la Casa Bianca ad ampliare il ventaglio delle opzioni delle deterrenza.

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