Draghi a Città della Pieve: la vigilia «serena» lontano dai palazzi romani

E c’è un altro avviso che filtra da palazzo Chigi, con tutte le cautele di un momento così delicato. I partiti commetterebbero un serio errore a pensare che l’azione del governo Draghi, o di quello che dovesse nascere da una sua elezione al Quirinale, possa essere stoppata dalle loro esigenze elettorali. La pandemia e il Pnrr sono priorità troppo importanti per usare l’esecutivo come un treno lanciato verso le urne. Insomma, da una parte Draghi toglie gli alibi a quei leader che non lo vogliono al Quirinale perché temono un commissariamento dei partiti e dall’altra fa capire che non resterà a Chigi solo per portare il Paese alle urne prima della fine della legislatura. Quanto al suo eventuale successore, la scelta di un nome che sia in grado di tenere unita la maggioranza spetta ai capi dei partiti, che devono trovarlo «confrontandosi tra loro».

L’auspicio del premier, che non si illude certo di essere eletto al primo colpo domani, è che si faccia presto, sia nell’elezione del capo dello Stato, sia nel passaggio a un eventuale nuovo governo. Più somiglierà al precedente, prima si tornerà a lavorare per il Paese. Ma non si chieda a lui di definire chi esce e chi entra, quanti tecnici e quanti politici, perché «sarebbe contro la Costituzione» e contro il metodo di Palazzo Chigi.

Superata la crisi di nervi che il ritiro di Berlusconi ha scatenato nel centrodestra si cercherà un nome condiviso e la mediazione, si spera a Palazzo Chigi, dovrebbe portare a Draghi, o a Mattarella. Al Quirinale gli scatoloni sono già pronti, come ha mostrato con una foto Giovanni Grasso, portavoce del presidente in scadenza. Eppure nel fronte draghiano c’è chi ammette che il congelamento del quadro esistente garantirebbe continuità e stabilità. C’è però una terza via ed è quella «figura istituzionale» che i dem identificano in Giuliano Amato e che Matteo Renzi ha individuato in Pierferdinando Casini, nome sul quale anche Matteo Salvini starebbe ragionando. Ci si potrebbe chiedere se esista un tema di peso specifico, che impedirebbe a Draghi di restare al governo se l’ex presidente della Camera fosse promosso al Quirinale. Ma il problema, stando alle dichiarazioni del premier il 22 dicembre, non esiste. L’importante è che il presidente della Repubblica sia eletto «dalla maggioranza più ampia possibile».

CORRIERE.IT

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