La Casa Bianca e la politica del possibile

Gianni Riotta

«Storico!»: il presidente americano Joe Biden ha faticato un po’ prima di pronunciare l’aggettivo prediletto dai leader ai summit, “storico!”, tra i tormentati negoziati del G20 italiano, ma alla fine ci è riuscito, citando l’accordo internazionale sulla minimum tax. L’intesa, che richiederà lavoro per esser adottata dai circa 140 Paesi firmatari, dovrebbe evitare la fuga delle multinazionali, in testa le piattaforme digitali, verso i Paesi che offrono sconti fiscali, a danno delle economie locali, imponendo un’imposta minima del 15%. Un passo avanti, ma un primo passo. Basta però a Joe Biden per classificare come un successo la missione a Roma, vigilia del vertice di oggi a Glasgow alla Conferenza sul clima Cop26. La realtà, oltre l’enfasi degli spin doctor, è più aspra, il veterano Biden lo sa, e negli incontri bilaterali ha fatto ricorso a tutta la sua esperienza per superare gli attriti ereditati da Donald Trump e la diffidenza internazionale, seguita alla scelta di ritirarsi dall’Afghanistan. Biden ha lasciato la regia al premier italiano Mario Draghi, con l’appello al «multilateralismo come migliore risposta a nostri problemi», non solo per la fiducia che ripone nell’ex presidente Bce, ma anche perché, da sempre, il dialogo leale con gli alleati e il confronto aperto con gli avversari sono la sua sigla, a volte deprecata perfino nel Partito democratico, ma per lui irrinunciabile. Così Biden ha parlato con la cancelliera tedesca Merkel, il presidente francese Macron e il premier britannico Johnson per riaprire la trattativa con l’Iran sui patti, firmati nel 2015, contro l’uso militare dell’energia nucleare a Teheran, strappati da Trump, con gli ayatollah a riprendere subito l’arricchimento dell’uranio e l’Onu stessa, ora, a temere la corsa all’atomica del regime sciita. Ricucito, almeno in parte, lo strappo con Parigi sui sommergibili delle classi Virginia e Columbia offerti all’Australia, Biden ha sorriso, dato pacche sulla schiena, narrato aneddoti e stretto mani, in puro stile yankee, per richiamare all’urgenza di tagli ai gas serra e all’uso del carbone, al centro oggi del Cop26. Con il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Putin collegati in remoto, nel pomeriggio di sabato i toni non erano ottimistici per una svolta radicale, l’India del premier Modi, ma anche Pechino, hanno bisogno del vecchio carbone per le loro economie. La speranza dei protocolli di Parigi era contenere il riscaldamento dell’atmosfera a 1,5 gradi Celsius, margine che non sarà rispettato, con la deadline del 2050 che slitterà in avanti. Ostinato, Biden ha provato a trovare la quadra su logistica e produzione globale, paralizzate durante la pandemia, con la carenza di prodotti chiave come i semiconduttori, e ha guidato la conversazione, priva stavolta di toni alati e irta di gergo tecnico della manifattura, perché le navi cargo tornino presto, piene, nei porti commerciali. Stamane, alle 9, il presidente, con la moglie Jill, seguirà la Messa in Vaticano, pur senza Papa Francesco a celebrare.

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