Più presidenti che sindaci

Tuttavia, da allora abbiamo assistito alla rapida erosione del voto fedele. Rimpiazzato dal voto liquido. Ispirato dal ri-sentimento, piuttosto che dal sentimento politico. Dal distacco piuttosto che dall’appartenenza. Dalla sfiducia più che dalla fiducia. Così l’Italia elettorale ha perso i suoi colori. Nelle Regioni, “rosse” del Centro Italia, storicamente di sinistra. Prima ancora, nelle province del Lombardo-Veneto, definite “bianche”, per la tradizione democristiana. Divenute “verdi” e “azzurre” in seguito al crescente peso del voto “forza-leghista”. Insomma, il territorio ha perduto le sue radici e le sue ragioni. E non ha più garantito la continuità di orientamento politico del passato. Inoltre, si sono indeboliti i “corpi intermedi”, fra la società e lo Stato. Bersaglio, peraltro, di attacchi estremisti e squadristi, come quello contro il sindacato e, in particolare, la Cgil a Roma.

Per questo i sindaci hanno “perso terreno”. Letteralmente. È, infatti, divenuto loro sempre più difficile rivolgersi ai cittadini. Anche perché i loro poteri, rispetto ai problemi incombenti, si sono rivelati sempre più in-adeguati. Tanto più negli ultimi anni. Dopo l’irruzione del virus. Che ha scavalcato ogni muro, ogni barriera. Tanto da aver cambiato il significato stesso dei colori che de-finivano il territorio. Le regioni bianche e rosse, ad esempio, oggi non indicano più l’orientamento politico di un’area. Ma il loro grado di pericolosità “virale”.

Al tempo stesso, la preoccupazione e il sentimento di paura hanno accentuato la domanda di riferimenti nazionali “comuni”. Oggi le figure più ri-conosciute, “i punti di equilibrio” (come li ha definiti Mauro Calise), sono i Presidenti. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, nei sondaggi più recenti condotti da Demos, ha raggiunto un grado di fiducia fra i più elevati dai tempi dell’elezione (fra il 64 e il 68%). Il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Chiamato dal presidente della Repubblica. E sostenuto da un consenso elevatissimo.

Come il predecessore, Giuseppe Conte. Ma anche i presidenti di Regione, investiti di competenze molto superiori, rispetto al passato. Il “tempo dei sindaci”, dunque, sembra “passato”. Almeno, “a rischio”. Come di-mostra l’ampiezza raggiunta dall’astensione. Per queste ragioni, i sindaci debbono restituire senso e visibilità al loro ruolo. A partire da questo voto. Per impedire che il “presidenzialismo preterintenzionale” oscuri il territorio, le sue ragioni, i suoi interpreti.

REP.IT

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