Afghanistan, corsa contro il tempo

Questi dati bastano a capire che si tratta di un’operazione logistica enorme, senza precedenti. E se ciò non bastasse, è minacciata sul piano della sicurezza. L’aeroporto di Kabul resta infatti circondato, e secondo le autorità britanniche ieri almeno sette persone sono state uccise nella calca, calpestate dalla folla che cercava di entrare nello scalo. Gli incubi più gravi però sono due: primo, che i taleban cambino idea e blocchino l’evacuazione, più di quanto non abbiano già fatto finora; secondo, che i terroristi dell’Isis e di Al Qaeda riescano a colpire lo scalo, le persone in fuga, o magari abbattere gli aerei in fase di decollo e atterraggio. Perciò il capo del Pentagono Austin, che ieri ha discusso la crisi al telefono col collega italiano Guerini, ha allargato il perimetro delle operazioni fuori dal Karzai. Biden non è sceso nei dettagli, per evitare mosse capaci di spezzare il flebile equilibrio ottenuto nei negoziati con i taleban, che ha minacciato di sanzioni se non rispetteranno gli impegni. Se però ci sono cittadini americani bloccati a Kabul che non possono raggiungere l’aeroporto, o peggio ancora in altre regioni del Paese più lontane, lasciarli a loro stessi non è un’opzione praticabile. Primo perché sarebbe immorale, contraria alla regola più sacra per le forze armate Usa; secondo, perché il danno politico per Biden sarebbe fatale. Secondo un sondaggio Nbc, la popolarità del presidente è scesa per la prima volta sotto il 50%. Forse ha ancora il margine per convincere gli elettori che ritirarsi era la decisione strategica giusta, ma le modalità sbagliate sono una sua responsabilità, e difficilmente sopravviverebbe se l’errore commesso costasse la vita a cittadini americani.

LA STAMPA

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