G7, i dossier sul tavolo. Draghi insiste: non si escludano Cina e Russia dai negoziati

In stretto coordinamento con la Farnesina, infatti, stanno emergendo almeno questi due punti di riflessione che verranno portati dal capo del governo al G7. Primo: cosa fare per trovare dei deterrenti alla ritorsioni e alle violenze dei talebani contro i cittadini afghani che hanno lavorato con il precedente governo e che non saranno evacuati. Secondo: come delineare una strategia complessiva che obblighi i talebani ad accettare standard minimi di rispetto dei diritti umani e di condanna del terrorismo.

Su questo secondo punto Draghi sarò chiaro nel dire agli alleati, in primo luogo alla Casa Bianca, che non esiste nemmeno lontanamente la possibilità di condizionare la vita di un Paese che è anche sull’orlo di una guerra civile senza il coinvolgimento attivo di potenze come Cina, India e Russia, cosa possibile solo nella sede istituzionale del G20 straordinario al quale Roma sta lavorando e che dovrebbe tenersi a metà settembre. Un obiettivo complesso, sul quale l’amministrazione americana non appare pienamente consapevole, ma che per Draghi è l’unico minimo comun denominatore.

Il G7 può dunque solo porre le basi, visto da Palazzo Chigi, per formare un primo nucleo di consenso che però dovrà allargarsi ad altri contesti geopolitici, da Mosca a Pechino, e che prevede in primo luogo il mancato riconoscimento del regime talebano come entità statale e in secondo luogo il congelamento di tutti i fondi di aiuto internazionali se non verranno riconosciute alcune condizioni basilari sui diritti umani. Ma senza una dichiarazione congiunta e sottoscritta anche da Putin e Xi Jinping per Draghi l’Occidente resterà con le mani legate.



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