Elogio dell’impotenza
La spiegazione è affidata non a un discorso di verità, ma a un elenco di numeri, tamponi, gli indici Rt e ai “21 parametri”, gelido riflesso burocratico che disvela l’assenza di una visione, anima, uno straccio di messaggio da dare al paese al di là di una comunicazione prefettizia su ciò che è consentito e ciò che non è consentito. Un po’ di politica, insomma. Anche l’appello all’opposizione, quella tensione unitaria auspicata e invocata dal capo dello Stato, si riduce a una comunicazione di servizio piuttosto scarna. Questa: “Ho prospettato ai leader dell’opposizione un tavolo di confronto con il governo. Al momento questa proposta è stata rifiutata, se ci fossero ripensamenti la proposta del governo permane immutata”.
Parole che sollecitano la voglia di rispolverare i vecchi manuali, dove si spiegava che “l’unità” non è una trovata retorica, ma un fatto politico e culturale, una paziente costruzione, che si costruisce partendo dall’ammissione dei propri limiti, perché solo ammettendo le proprie responsabilità si può costruire un rapporto diverso con gli altri, rendendone evidente, come nel caso dell’opposizione nostrana, la chiusura strumentale dentro una rendita di opposizione. E anche la contraddizione dei federalisti nostrani a la carte, che riscoprono il centralismo in tempi di pandemia quando le regioni devono assumersi le responsabilità.
Invece, come spesso accade, il cosiddetto nuovo che avanza assomiglia tanto alla vecchia politica per cui le colpe sono sempre del destino cinico e baro, non delle scelte soggettive. E allora sarà colpa di confusione di calendario se il 2 novembre, giorno dei morti vengono annunciate con una certa enfasi misure che andavano annunciate il 2 giugno, giorno della festa della Repubblica, come i tracciamenti e l’accordo con i medici di base.
Ecco, come spesso succede, tutti i nodi arrivano al pettine di un equilibrio in cui il Governo è troppo debole per avere una visione nazionale e troppo forte per essere sostituito, complice anche il vuoto politico delle opposizioni. È dentro questa condizione paralizzante che il rapporto con le Regioni è precipitato nella confusione istituzionale in cui non si capisce il chi e il come si decide. Viene fatto adesso quel che si doveva fare a marzo, quando si chiuse l’Italia invece di procedere per lockdown mirati perché oggi “chiudere” è impopolare, e i governatori, soprattutto i fan dell’autonomia, riscoprono il centralismo. Il cosiddetto modello italiano è diventato la paralisi di sistema
L’HUFFPOST
Pages: 1 2