Addio aliquote Irpef, colpo ai ceti medio-alti. Confindustria: non basta per la ripresa

di CLAUDIA MARIN

L'Irpef in Europa

Che sia il modello tedesco (dell’aliquota continua senza scaloni e scalini) o quello più nostrano della revisione degli attuali scaglioni, una cosa appare certa fin da ora: la riforma fiscale in cantiere avvantaggerà i redditi da lavoro dipendente medio-bassi (fino a circa 40mila euro lordi annui), mentre rischia di rivelarsi una mezza stangata per quelli sopra al tetto indicato.

Soprattutto per effetto del mix tra riassetto Irpef e taglio delle detrazioni (per sanità, casa e altro) per chi guadagna oltre una certa soglia. Una miscela che può determinare una perdita secca di potere di acquisto proprio per le fasce medio-alte.

Ed è su questo aspetto che puntano l’indice sia i renziani, con Luigi Marattin, sia il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, hanno bocciato il riassetto ipotizzato: “Credo che non si possa definire riforma fiscale solo una modifica delle aliquote Irpef. Non è quella la strada per creare più potere d’acquisto: riformare significa rivedere l’impianto della politica fiscale in Italia, che è assurda”. La partita economica e politica sul dossier fiscale è, dunque, agli inizi. E gli schieramenti in campo affilano le armi.

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