Zingaretti va in pressing su Conte. Ma Gori apre un caso nel Pd: «Serve una nuova leadership»

di Maria Teresa Meli

«Insoddisfazione»: è questo ormai il sentimento prevalente nel Pd rispetto al governo Conte. «Insoddisfazione» è infatti il termine a cui fanno ricorso i dirigenti dem e i loro rappresentanti nell’esecutivo per spiegare il loro stato d’animo verso quella che definiscono la «politica del rinvio» del premier. Persino Nicola Zingaretti, sempre attento a calibrare il tono dei suoi incitamenti a Conte per evitare lo scontro, ieri si è lasciato andare a questa considerazione: «Il governo ha fatto le scelte giuste contro il virus, nell’impegno sul protagonismo dell’Europa ha vinto una battaglia storica, abbiamo per la prima volta miliardi da investire. Ora uniti bisogna decidere e correre. Far finta di niente è da irresponsabili». Proprio così, da «irresponsabili». Perché, spiega un esponente pd del governo, «non si può andare avanti di rinvio in rinvio: i nodi, se non li sciogli, prima o poi ti arrivano addosso tutti insieme». E sono molti, troppi, secondo i dem, i dossier ancora aperti. A cominciare dal Mes su cui Conte ha deciso di prendersi altro tempo. E su cui Zingaretti, invece, vorrebbe che si decidesse in tempi rapidi «perché è una straordinaria opportunità».

Secondo i vertici del Pd in questa come in altre vicende il governo sembra essere in una impasse da cui non riesce a uscire. «Alcuni dossier — confidava giorni fa Zingaretti ai suoi — sembrano finiti in una palude. Penso ad Autostrade, a Mittal, ad Alitalia… Bisogna darsi una linea e procedere». Ma di passi avanti non se ne vedono molti. E non riesce a compierli neanche il Pd e questo fa montare l’insoddisfazione. Il Partito democratico voleva cambiare radicalmente i decreti Sicurezza di Matteo Salvini. Ma i 5 Stelle non ci stanno: sono disposti a recepire solo i rilievi fatti a suo tempo da Sergio Mattarella. Ragion per cui il vertice di maggioranza dell’altro ieri con la ministra Luciana Lamorgese si è concluso con un ennesimo rinvio. Se ne riparla lunedì e non è detto che si arriverà a una conclusione. Anche perché, lamentano i dem, Conte non si è ancora esposto in prima persona come pure aveva lasciato intendere di voler fare. A dare voce allo stato d’animo dem nei confronti del premier, l’altroieri sera, nella commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, è stata la deputata Lia Quartapelle. Che ha attaccato Conte: «Da quando lei è presidente del Consiglio l’Egitto è il primo Paese con cui commerciamo armi».

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