Conte frena le Regioni, l’idea è di tenere chiuse Lombardia e Piemonte

Amedeo La Mattina, Paolo Russo

ROMA. Nel governo prevale la linea dura fino al 3 maggio e in parte anche dopo. Il premier Giuseppe Conte non vuole rischiare nuove ondate di epidemia ma è disposto ad allargare le maglie di alcune filiere produttive solo sulla base delle linee guida dell’Inail sui lavori meno rischiosi. I tecnici del comitato scientifico, sostenuti dal ministro alla Salute Roberto Speranza, hanno convinto il presidente del Consiglio a tenere la barra dritta di fronte ai governatori del Nord che scalpitano per una riapertura più veloce, una ripartenza generalizzata già il 27 aprile per l’edilizia e i settori più esposti alla concorrenza.

Conte si è presentato all’incontro in serata con i governatori dopo aver fatto il punto con i rappresentanti della maggioranza. In videoconferenza da Londra poi una riunione con il capo della task force per la “fase 2” Vittorio Colao, il presidente Iss Silvio Brusaferro e il presidente del Css Franco Locatelli. Erano presenti i ministri Roberto Speranza, Francesco Boccia e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. Alla cabina di regia in collegamento i governatori Bonaccini, Fontana e Musumeci per le Regioni, Decaro, Pella e Raggi per l’Anci. Per capire l’atteggiamento del governo bisogna partire da una serie di precisazioni filtrate da Palazzo Chigi.

Intanto viene spiegato che le notizie circa l’apertura di attività produttive o l’allentamento di misure restrittive per lunedì prossimo «sono prive di fondamento». Quindi per la settimana che si apre domani rimangono in vigore le misure già previste, che scadono il 3 maggio. «Non è prevista nessuna modifica. Gli effetti positivi di contenimento del virus e di mitigazione del contagio si iniziano a misurare ma non sono tali da consentire il venir meno degli obblighi attuali e l’abbassamento della soglia di attenzione». Punto.

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