I nostri cari anziani da ringraziare e aiutare

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di   Ferruccio de Bortoli

Dobbiamo essere orgogliosi di come il Paese reagisce all’emergenza. E in questa domenica che non vogliamo sia triste (teniamoci su, ce la faremo) il nostro grazie va — ancora una volta — a medici, infermieri, al personale degli ospedali, all’intera struttura nazionale di assistenza. Ieri a mezzogiorno è esploso un applauso collettivo per loro. Ma il nostro grazie va anche a tutti coloro che non possono stare a casa perché debbono provvedere alle necessità di chi sta forzatamente a casa. Un pensiero particolare vorremmo dedicarlo però ai nostri anziani. Siamo uno dei Paesi più vecchi al mondo. Non è una colpa. «Molte famiglie perderanno i loro cari» ha detto ai britannici, con una frase raggelante, il premier Boris Johnson. Significa lasciarli andare?

Gli anziani sono i più colpiti dal virus anche perché sofferenti per altre patologie. Non sono gli unici. E questo dovrebbe indurre giovani e meno giovani ad atteggiamenti di maggiore prudenza. L’età media di coloro che hanno perso la vita è finora superiore agli 80 anni. Muoiono da soli. E non hanno nemmeno il diritto a un funerale normale. La sofferenza dei loro congiunti è accresciuta da un addio necessariamente sbrigativo, persino brutale. Ingiusto. Gli anziani sono poi, tra i nostri concittadini, quelli che rischiano di essere maggiormente penalizzati dal cosiddetto «distanziamento sociale». Tanti erano già soli prima. Oggi lo sono molto di più. Per ovvie ragioni di prudenza nei contatti. E lo sono nonostante il moltiplicarsi di tanti piccoli o grandi gesti solidali. I vicini di casa, magari fino al giorno prima perfetti sconosciuti, che si offrono di far loro la spesa, di andare a comprare i medicinali, lasciandoli davanti alla porta. A distanza di sicurezza si è più uniti. Ci si conosce. Ci si dà virtualmente una mano. C’è anche chi ha riscoperto la posta. Condominiale. Si infila un biglietto con un messaggio per quell’anziano che non si vede più. «Come sta?». Una telefonata non costa nulla. Per chi è solo riempie le giornate.

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