Con l’opposizione

L’unica soluzione possibile, al momento, è calciare il barattolo più in là. E rinviare qualsivoglia decisione irrevocabile. Così, di rimbalzo tra la presidenza del Consiglio e il ministero della Giustizia, si sta febbrilmente lavorando a una soluzione che parrebbe la panacea di tutti i mali. Non un emendamento al milleproroghe (da molti costituzionalisti giudicato inammissibile), non un decreto legge, che comporterebbe tempi rapidi e “obbligo” dei partner della maggioranza di votare una probabilissima fiducia. Il lodo Conte, la proposta di mediazione del premier, verrà inserita con alcune modifiche in un disegno di legge che verrà presentato giovedì in Consiglio dei ministri insieme a quello sulla riforma del processo penale.

Uno strumento più morbido rispetto agli altri due, più facilmente modificabile in Parlamento, dai tempi più dilatati. Conte sceglie di non arrivare allo strappo. La situazione è ingarbugliatissima. Perché i renziani hanno già pronunciato un chiaro e stentoreo no al punto di caduta prospettato dal capo del governo, che prevede il blocco dei termini della prescrizione solo per i condannati. Ma sanno anche che in commissione Giustizia senza Italia viva la maggioranza non c’è. Nessuna soluzione, come auspicato dall’ex rottamatore. Ma un testo da condividere con gli alleati che dovrebbe inderogabilmente passare sotto la sua lente d’ingrandimento. Ecco che Luciano Nobili, custode del renzismo ortodosso, esulta: “E alla fine l’emendamento al Milleproroghe non c’è e neppure il lodo Conte. La ragionevolezza ha prevalso, proprio come chiedeva Italia Viva. E si può tornare a lavorare”. “Con una crisi sulla prescrizione ci avrebbero ricoverato”, dice il capo.

Si può bandire lo scalpo, la soluzione è di là da venire. La mossa di Conte, con il placet del Pd, ha un obiettivo primario: trovare un accordo politico prima del 24 febbraio. In quella data approderà in aula alla Camera la legge Costa. Un testo dell’ex ministro del governo Renzi, oggi in Forza Italia, che riporterebbe le regole sulla prescrizione all’era pre-Bonafede. Senza una quadra complessiva, gli uomini di Matteo Renzi continuerebbero nella loro guerriglia parlamentare, come d’altronde hanno fatto anche oggi e come continueranno domani, votando con le opposizioni l’emendamento della loro deputata Lucia Annibali, che rinvierebbe l’entrata in vigore di un anno. La maggioranza si è salvata per soli due voti ma, come spiega un deputato 5 stelle che ha in mano il dossier, “se non troviamo un accordo prima rischiamo di andare sotto due volte: una sul testo di Costa, l’altra sul nostro”.

L’ex premier, in serata al Tg5, ha calcato la mano: “Zingaretti è un po’ imbarazzato, lo capisco, la storia del Pd è una storia di garantismo, su questa storia invece insegue i grillini, fa il giustizialista”. “Una vittoria di Pirro”, ha risposto il Pd, sottolineando come Renzi abbia bloccato le modifiche, non la legge che al momento resta in vigore. Il cannoneggiamento tra Pd e Iv non è cessato per tutto il giorno. Bonafede non accenna a nessun ulteriore passo indietro, mentre Palazzo Chigi punta, nel migliore dei casi, a trovare un accordo entro giovedì, nel peggiore a buttare la palla in calcio d’angolo e prendere altre due settimane di tempo per sbrogliare una matasse che è ormai da mesi che continua a ingarbugliarsi senza sosta. La minaccia di sfiduciare il ministro della Giustizia sembra rientrata. “Sarebbe stato gravissimo”, dicono a Palazzo Chigi. “Quali sono i reali accordi tra Renzi e Salvini?”, si domandano i 5 stelle. Oggi l’escalation è stata contenuta. Domani chissà.

L’HUFFPOST

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