Il rischio dello strappo di Merkel con Trump

Pare che abbiamo una Nuova Merkel. Sotto la tenda di una birreria di Monaco, domenica scorsa ha detto che alla Germania e all’Europa sono venuti a mancare due alleati. E che alleati: gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Nel Vecchio Continente dobbiamo renderci conto che «i tempi in cui potevamo contare pienamente su altri sono in una certa misura finiti», ha spiegato: «Dobbiamo essere noi stessi a combattere per il nostro futuro». È la cancelliera tedesca che si carica della responsabilità di guidare i partner della Ue affinché reagiscano a Donald Trump e alla Brexit, si è detto. Finalmente leader senza remore. O no? È vera leadership quella della nuova, assertiva e militante Angela Merkel? Le tappe europee del viaggio di Trump in Europa, alla Nato di Bruxelles e al G7 di Taormina, sono state un disastro, per contenuti e comportamenti. È però sensato, oppure è un’avventura, mettere in questione all’improvviso, come ha fatto la cancelliera, un’alleanza di settant’anni che ha portato pace, enorme benessere in Occidente e ordine internazionale?

Il presidente americano dà spesso l’impressione di essere il primo a mettere in dubbio la relazione transatlantica. Ma non basta un presidente confuso, impolitico e qualche volta volgare per annunciare la quasi morte dell’alleanza occidentale. E non è una buona idea, soprattutto non è nell’interesse dell’Europa, prenderlo in parola (ne dice tante) e assecondarlo nelle tendenze distruttive.La «frattura di Monaco» di Frau Merkel sta allargando l’Atlantico e rafforzando chi, sulle due sponde, spinge per un indebolimento dell’Occidente e per un mondo organizzato per blocchi.

Qui si apre il problema dei problemi. Cosa sarebbe l’Europa lontana dall’America? Ha la forza per affrontare crisi e sfide da sola? Può vivere e prosperare in una posizione equidistante da Washington, da Mosca o da Pechino (nel suo discorso Merkel ha messo sullo stesso piano la necessità di avere comunque «relazioni amichevoli» con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna così come con la Russia)? Da sola non sarebbe in grado di affrontare le tensioni in Siria, in Libia, in Ucraina, in Iran, in Turchia, di resistere alle pressioni di Vladimir Putin. Ha registrato finora l’incapacità di gestire la crisi dei rifugiati e dei migranti. Certo, il disinteresse e l’ostilità di Trump per la Ue sono un’occasione per rafforzare le politiche europee e per integrare la gestione della sicurezza, della Difesa, dell’economia continentali. Andare da soli sarebbe però un’altra cosa, viste anche le debolezze strutturali dell’Europa. L’equidistanza darebbe piuttosto al Cremlino la chance di aumentare la sua influenza nella Ue: le sanzioni contro la Russia per l’annessione della Crimea, per dire, durerebbero poco.

Lunedì scorso, Merkel ha precisato che lei rimane filo-atlantica. Ma considerare l’alleanza con l’America (e con il Regno Unito) così profondamente deteriorata, agonizzante, invece di difenderla, la indebolisce non meno di quanto abbia fatto Trump quando definì «obsoleta» la Nato. Non solo: mettere all’indice, assieme, le anglosassoni Washington e Londra, come la cancelliera ha fatto, significa «regalare» la Gran Bretagna a Trump, anche se Theresa May sta dalla parte dell’Europa su commercio internazionale, Nato, Trattato di Parigi sul clima. Merkel è stata mossa, nel suo discorso alla birreria di Monaco (paralleli storici non sono ammessi), anche, forse soprattutto, da considerazioni di campagna elettorale tedesca. Inammissibile, su una questione di portata storica, per chi dovrebbe svolgere un ruolo di leadership europea. Irresponsabile, hanno commentato alcuni osservatori. Come minimo, avventurista. Ce l’ha un piano, Frau Kanzlerin?

CORRIERE.IT

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