Archive for 2022

I 5 Stelle superano il Pd. E al Nazareno è il caos totale

giovedì, Dicembre 29th, 2022

Francesco Boezi

La babele democratica prosegue senza sosta in vista del congresso. Dario Franceschini vorrebbe che Stefano Bonaccini lasciasse «il passo» per motivi generazionali. E lo fa sapere tramite un’intervista al Corriere. Il governatore dell’Emilia Romagna replica senza fronzoli e ricorda l’abbarbicamento dell’ex ministro della Cultura al potere. «Io ho lavorato al Nazareno per un anno, poi me ne sono andato», tuona Bonaccini. Lo scontro è tra due dei pochi pilastri dem rimasti. L’aria, al Nazareno, ha l’odore delle cronache di fine impero.

Franceschini, così come tutta «la ditta», ha deciso di correre per Elly Schlein, che la narrativa piddina vuole associare a tutti i costi alla parola «novità». L’ex ministro Francesco Boccia, ad Omnibus, definisce la Schlein «la speranza della sinistra alternativa alla destra guidata da Giorgia Meloni». Lo spiegamento dei vertici in favore della neo parlamentare è però già al massimo delle sue potenzialità.

I franceschiniani stessi si stanno spaccando, con l’ex sindaco di Torino Piero Fassino ed altri membri di Areadem ormai più che orientati a salutare il capo corrente per virare su Bonaccini. Tra i nomi più in vista, quello dell’europarlamentare Pina Picierno (che dovrebbe costituire il ticket con il governatore emiliano), il plenipotenziario laziale Bruno Astorre e l’ex ministro Roberta Pinotti.

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Inchiesta Soumahoro. La Procura accelera sugli illeciti della coop

giovedì, Dicembre 29th, 2022

Tonj Ortoleva

Inchiesta Soumahoro. La Procura accelera sugli illeciti della coop

Nell’inchiesta sulle cooperative della famiglia del deputato Soumahoro che gestivano l’accoglienza dei migranti in provincia di Latina, la procura ha avviato una serie di audizioni convocando alcune persone informate sui fatti. Si tratta di professionisti che hanno collaborato con Karibù e Consorzio Aid e di dipendenti che lavoravano nelle coop.

I magistrati inquirenti della Procura di Latina stanno provando in questi giorni a ricostruire tutta una serie di passaggi poco chiari emersi dalle carte dell’inchiesta e contenuti, in parte, anche nell’ordinanza che ha portato al sequestro preventivo di oltre 650 mila euro a tre indagati e alla loro interdizione per un anno dalle attività gestionali.

Gli inquirenti si stanno concentrando ora sulle ultime annualità, 2020 e 2021, della Karibù, la cooperativa gestita dalla suocera e dalla moglie del il sindacalista di origini ivoriane e deputato eletto con l’alleanza Verdi-Sinistra. Sono gli anni in cui le difficoltà economiche della coop sono esplose in modo deflagrante.

Tra i documenti contabili sono emersi atti giudiziari mossi da persone che non sono state pagate per i servizi effettuati. Tra esse, c’è un consulente aziendale di Gaeta, Emiliano Scinicariello, che è stato convocato nei giorni scorsi dai magistrati di Latina per essere ascoltato come persona informata sui fatti.

Scinicariello, ovviamente, non può dire molto rispetto al colloquio coi magistrati, che è coperto dal segreto istruttorio. Ma conferma il fatto «di aver avuto un incarico di consulenza da parte della Karibu che mi ha visto impegnato dal febbraio 2021 all’agosto dello stesso anno. Un incarico che non è stato retribuito». Da qui una ingiunzione di pagamento avanzata nei confronti della cooperativa. Una situazione che lo accomuna a diversi ex lavoratori che attraverso il sindacato Uiltucs hanno denunciato il fatto di non aver ricevuto gli stipendi per mesi.

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Nomine, il ribaltone della Meloni

giovedì, Dicembre 29th, 2022

ALESSANDRO BARBERA

ROMA. La prima decisione delicata per Giorgia Meloni riguarda il direttore generale del Tesoro, forse il più importante dei funzionari dello Stato: la maggioranza chiede all’unisono la rimozione di Alessandro Rivera, ma il ministro Giancarlo Giorgetti gli fa scudo. A gennaio, allo scadere dei novanta giorni previsti dalla legge sullo spoil system, si conoscerà il suo destino. Chiusa la legge di Bilancio e rispettata la scadenza per ottenere la terza rata del piano nazionale delle riforme, di qui a primavera per la premier si apre la stagione delle nomine: almeno settanta, per citare le più importanti. Per Meloni, prima donna e primo leader della destra alla guida del governo, sarà uno stress test di tenuta politica, dentro e fuori il palazzo. Il caso di Rivera è emblematico perché fin qui a suo favore ha prevalso la difficoltà a trovare un’alternativa valida. Gianni Letta, gran ciambellano di Berlusconi e tessitore dei rapporti con il cosiddetto “deep State” non c’è più. Fatta eccezione per il ministro della Difesa Guido Crosetto, nella cerchia stretta della premier nessuno ha confidenza con le elite dell’industria e della finanza.

L’unico nome fin qui circolato per la successione a Rivera è quello di Antonino Turicchi, nel frattempo (e non a caso) scelto da Giorgetti per la presidenza di Ita. «Se va in porto l’operazione di vendita a Lufthansa, lo liberiamo in fretta», spiega un esponente della maggioranza sotto la garanzia dell’anonimato.

Il passaggio successivo in ordine di tempo saranno i vertici di quattro enti pubblici: Agenzia delle Entrate, delle Dogane e del Demanio, la presidenza dell’Inps. Ernesto Ruffini, signore delle tasse dai tempi del governo Renzi, è uno dei pochi che potrebbe salvarsi dal gran rimescolamento. Gode della stima di Giorgetti e del suo vice (di Fratelli d’Italia) Maurizio Leo, ma soprattutto del Quirinale, non invece di Matteo Salvini che vuole ovviamente dire la sua nelle nomine. Se quest’ultimo si impuntasse, potrebbe essere scelto uno fra i vice di Ruffini, Paolo Savini o Valerio Barbantini. Sono invece scontate le sostituzioni di Marcello Minenna e Alessandra Dal Verme. Il primo, lambito da un’inchiesta giudiziaria, è considerato troppo vicino ai Cinque Stelle. Potrebbe essere sostituito da Benedetto Mineo, che tornerebbe sulla poltrona occupata durante il governo gialloverde. Fra aprile e maggio dovrebbe scadere invece il mandato del presidente dell’Inps Pasquale Tridico, noto come il padre del reddito di cittadinanza. Anche in questo caso la sostituzione è quasi certa, salvo che per un problema non banale di forma. Tridico, voluto da Luigi Di Maio nella primavera del 2019, è rimasto quasi un anno alla guida dell’Istituto di previdenza senza consiglio di amministrazione. Ebbene, la legge che governa la scelta dei vertici Inps non chiarisce se il mandato scada dopo quattro anni dalla nomina, o insieme al consiglio. L’allora ministro Andrea Orlando chiese un parere all’Avvocatura dello Stato, mai reso pubblico. Anche nel suo caso occorre trovare un’alternativa che al momento non c’è: l’unico membro del consiglio in carica vicino al centrodestra era Rosario De Luca, dimessosi un minuto dopo la nomina a ministro della moglie (e già numero uno dei Consulenti del lavoro) Marina Calderone.

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Guerra Russia-Ucraina: oltre cento missili su Kiev, Leopoli, Kharkiv e Odessa. Città al buio

giovedì, Dicembre 29th, 2022

A CURA DELLA REDAZIONE

Il comandante in capo della squadra navale della Marina, ammiraglio De Carolis, conferma la presenza di navi russe nel Mediterraneo. «A noi il compito di controllare da vicino queste navi», ha sottolineato. Intanto, sul terreno, la guerra Russia-Ucraina continua. I civili fuggono da Kherson, dove le bombe esplodono «di continuo, è spaventoso». Ma sul fronte negoziati ancora nessuna apertura. Per il portavoce del Cremlino Peskov, «nessun piano di pace sull’Ucraina è possibile se non tiene conto delle quattro nuove regioni che si sono unite alla Russia». Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky rassicura il suo popolo: «Non abbiamo perso la nostra umanità, anche se abbiamo attraversato mesi terribili. E non la perderemo, anche se ci aspetta anche un anno difficile. Raggiungeremo la vittoria. E dobbiamo farlo davvero insieme». Punti chiave

  • 08:30 Missili russi su Leopoli, Kharkiv, Odessa: città in blackout
  • 07:22 La Russia respinge la formula pace proposta da Zelensky: “Un’illusione”

10:41

Il sindaco di Kiev:40% degli abitanti senza elettricità

Il 40% dei residenti di Kiev sono senza elettricità dopo il massiccio lancio di missili russi sulla capitale e in tutto il Paese. Lo ha riferito il sindaco della città, Vitali Klitschko, sottolineando che «gli ingegneri stanno attualmente lavorando per ripristinare l’alimentazione». 10:26

Forze armate ucraine: abbiamo liquidato 800 militari russi

Le forze armate dell’Ucraina hanno assicurato oggi di aver “liquidato” quasi 800 soldati russi nei combattimenti avvenuti durante l’ultimo giorno, aggiungendo che il bilancio delle vittime subite dall’esercito russo è di circa 105mila dall’inizio dell’invasione, scatenata il 24 febbraio per ordine del presidente russo Vladimir Putin. Lo Stato Maggiore dell’Esercito ucraino ha dichiarato in un messaggio via social che 790 soldati russi sono morti in combattimento nelle ultime 24 ore e ha evidenziato che “circa 104.560” sono morti dall’inizio delle ostilità. Lo Stato Maggiore ha affermato che sono stati distrutti 3.018 carri armati, 2.004 sistemi di artiglieria, 212 sistemi antiaerei, 283 aerei, 268 elicotteri, 1.717 droni, 653 missili da crociera, 16 barche, 4.675 veicoli e serbatoi di carburante e 179 pezzi di “equipaggiamento speciale”. «Il nemico russo ha subito le maggiori perdite nell’ultimo giorno nelle direzioni Liman e Bakhmut», ha aggiunto lo Stato Maggiore. 10:12

Kiev, abbattuti tutti i 16 missili lanciati sulla capitale

«16 missili sono stati avvistati nello spazio aereo della capitale. Tutti e 16 sono stati distrutti». Lo riferisce via Telegram il capo dell’amministrazione militare della città di Kiev, Serhiy Popko. «I frammenti dei missili abbattuti hanno danneggiato tre case private e un’auto nel distretto di Darnytskyi», si legge nel messaggio, «sono stati danneggiati anche un’azienda industriale nel distretto di Holosiivskyi e un parco giochi nel distretto di Pecherskyi». 09:57

Il ministro russo Lavrov contro il piano di pace di Kiev: Zelensky si illude

«Proponendo idee e ‘formule di pace’ di ogni tipo, Zelensky coltiva l’illusione di ottenere, con l’aiuto dell’Occidente, il ritiro delle nostre truppe dal territorio russo nel Donbass, in Crimea, a Zaporizhzhia e nella regione di Kherson, il pagamento di risarcimenti da parte della Russia, l’apparizione ‘di colpevolezza nei tribunali internazionali’ e simili». Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un’intervista a Ria Novosti. «È chiaro che Kiev non è pronta al dialogo», ha aggiunto, «naturalmente, non parleremo con nessuno in questi termini». 09:51

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Senza misure europee impossibile arginare i contagi

giovedì, Dicembre 29th, 2022

Antonella Viola

Per molto tempo, la Cina ha tenuto sotto controllo la pandemia attraverso regole severe, spesso disumane e certamente inaccettabili per la maggior parte dei cittadini occidentali. Le restrizioni, i tamponi di massa, gli isolamenti forzati e il lockdown prolungato hanno consentito al Paese di mantenere molto bassa la circolazione virale, al punto da spingere il governo a puntare ad un assurdo obiettivo, quello dello “zero-Covid”, così definito a indicare la volontà di rendere la Cina inaccessibile a un virus che, invece, non conosce frontiere. I lunghi anni di restrizioni hanno però logorato la popolazione, isolato il Paese e messo a dura prova ampi settori dell’economia. Dopo quasi tre anni di questa gestione, sulla spinta delle sempre più frequenti e pressanti proteste, a dicembre il governo cinese ha però drasticamente cambiato rotta: eliminate le restrizioni, i tamponi e persino il conteggio di positivi e decessi. E questa scelta irresponsabile sta causando un’ondata di contagi che spaventa tutto il mondo.

La Cina, infatti, ha sbagliato tutto o quasi. Nella gestione di una pandemia come quella che abbiamo vissuto esistono diverse fasi. All’inizio, in assenza di vaccini o farmaci, l’unica possibilità per tutelare la salute pubblica consiste nel puntare sulle misure di contenimento del contagio, più o meno come hanno fatto tutti i Paesi colpiti. Ma poi, con i vaccini disponibili, è necessario cambiare strategia e coinvolgere la popolazione in quella che deve diventare una campagna di vaccinazione di massa. E, una volta messa al sicuro la popolazione grazie ai vaccini, allentare gradualmente le misure restrittive, per sperare di tornare finalmente alla normalità.

In questi anni però la Cina non solo non è stata in grado di vaccinare un numero adeguato di cittadini, lasciando senza protezione gran parte della popolazione fragile, ma non ha neanche lavorato per garantirsi quei farmaci o quelle attrezzature ospedaliere che in questo momento sarebbero necessari. Se a questo si somma il fatto che la Cina ha utilizzato solo i suoi vaccini scarsamente efficienti, rifiutando quelli migliori di Pfizer e Moderna basati sulla tecnologia a mRNA, il quadro è completo: il virus è stato improvvisamente lasciato libero di diffondersi in una popolazione scarsamente vaccinata. E, ovviamente, sta contagiando milioni di persone al giorno. La Cina è quindi in ginocchio, nonostante il governo cerchi di nascondere la situazione drammatica, ma questa nuova ondata di contagi, con questi numeri così incredibili, potrebbe avere conseguenze ben oltre il confine cinese.

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Milleproroghe, beffa bollette: spuntano gli aumenti

giovedì, Dicembre 29th, 2022

LUIGI GRASSIA

Se non cambia tutto all’ultimo minuto, il decreto Milleproroghe confermerà la vittoria delle compagnie della luce e del gas, vittoria ottenuta dai gestori qualche giorno fa con una sentenza del Consiglio di Stato: i contratti dell’elettricità e del metano potranno essere cambiati dai venditori in fase di scadenza e rinnovo (se le clausole del contratto stesso lo consentono), nonostante il decreto Aiuti bis lo avesse esplicitamente vietato fino al 30 aprile. Ma siccome le partite si giocano fino al noventesimo, anzi fino ai tempi supplementari e ai rigori, ecco che ieri sera arrivava già un possibile ribaltone, a tempo quasi scaduto: secondo fonti governative, il provvedimento è ancora sottoposto a valutazioni politiche del governo e tecniche del Ministero dell’Economia, perché a nessuno piace passare come affamatore di popolo.

Per adesso fermiamoci a quello che c’è scritto sulla carta, anche se il testo del Milleproroghe non è stato ancora diffuso in maniera ufficiale. In base alle anticipazioni circolate ieri sera, il decreto proroga di due mesi, fino a giugno 2023, la sospensione delle modifiche unilaterali dei contratti di luce e gas, mentre sui rinnovi cade ogni salvaguardia, tranne l’obbligo del preavviso di tre mesi. Perciò le tariffe potranno essere aumentate, e si può temere che rincarino pesantemente, visto come stanno andando i mercati dell’energia in questi mesi di guerra, di sanzioni e di controsanzioni.

Il divieto di modificare le condizioni di prezzo, per tutelare i consumatori in questa fase economica e sociale difficile, è stato introdotto la scorsa estate dal decreto legge Aiuti bis del governo Draghi; nel mese di ottobre l’Antitrust, «a fronte di ripetute segnalazioni» di irregolarità commesse dai venditori di luce e gas, ha ribadito il divieto dei rincari; contro questo provvedimento le compagnie dell’energia (ognuna per conto suo, undici in totale) hanno presentato ricorsi alla giustizia amministrativa; e a dicembre il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della piemontese-ligure-emiliana Iren per quanto riguarda i rinnovi. Subito dopo la sentenza, le associazioni dei consumatori hanno chiesto al governo di intervenire per blindare il divieto degli aumenti, estentendolo, senza ambiguità interpretative, alla fase di scadenza e rinnovo dei contratti. In base a quanto si capiva ieri, non sembra che questo sia successo.

Dal fronte dell’opposizione ieri si è fatto sentire per primo il “verde” Angelo Bonelli: «Siamo basiti di fronte alle indiscrezioni sul Milleproroghe. Le società che distribuiscono e vendono gas ed elettricità hanno conseguito extra-utili per 50 miliardi e adesso, con la compiacenza del governo italiano, vogliono continuare a realizzarli, modificando i contratti per aumentare le tariffe». Forse reazioni come questa hanno suscitato ripensamenti nella maggioranza.

Intanto a Amsterdam, dove si negozia sulla piattaforma Ttf il prezzo del gas che fa da riferimento in tutta Europa, la quotazione del metano è risalita attorno agli 84 euro per MegaWattora, comunque al di sotto del prezzo di prima della guerra in Ucraina. Nella giornata di ieri c’è stato anche un tentativo di ribasso a quota 79.

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Benedetto XVI isolato nel monastero con padre Georg e quattro «memores». Da mesi non parla più

giovedì, Dicembre 29th, 2022

di Massimo Franco

I misteri e i veleni sul dualismo con Bergoglio: nonostante la lealtà e il rispetto reciproco tra predecessore e successore, la sua longevità ha nutrito per quasi un decennio la leggenda destabilizzante dei «due Papi»

 Benedetto XVI isolato nel monastero con padre Georg e quattro «memores». Da mesi non parla più

Sembra una notizia che filtra da un altro mondo, sideralmente remoto da quello reale. E in qualche modo lo è. Forse perché quel Monastero nascosto nei giardini vaticani, dove Benedetto XVI si è ritirato da quasi dieci anni, è ad appena tre minuti di auto da Porta Sant’Anna, quella da cui si entra in Vaticano per andare alla farmacia, allo Ior, all’Archivio segreto; ma arrivarci significa compiere un viaggio mentale che fa perdere la nozione dello spazio e del tempo, tra viali deserti, altari, fontane, cactus enormi e improbabili, che spuntano tra le garitte di gendarmi vaticani in allerta davanti a qualunque viso sconosciuto. Le condizioni del papa emerito Benedetto si sono aggravate, Francesco ha chiesto di pregare per lui, e lo è anche andato a trovare: sono queste le notizie convulse di ieri.

Ma Joseph Ratzinger è ancora, disperatamente, vivo. Anche se con i suoi quasi 96 anni potrebbe spegnersi da un momento all’altro. Anche se pensava di morire sei mesi dopo la rinuncia del febbraio del 2013, e il fatto di essere sopravvissuto così a lungo ha alimentato il mistero sulle vere ragioni delle sue «dimissioni» epocali. Nonostante la lealtà e il rispetto reciproco tra predecessore e successore, la sua longevità ha nutrito per quasi un decennio la leggenda destabilizzante dei «due Papi»: benché Benedetto abbia fatto di tutto per ridimensionarla e smentirla. D’altronde, Ratzinger è stato «emerito» più a lungo che «regnante»: eletto nel 2005, ha lasciato nel 2013. Otto anni contro quasi dieci. Ad ogni occasione ha cercato di ribadire che «il Papa è uno solo». Ma i tradizionalisti che pure lo hanno sempre considerato una propria icona non si sono rassegnati.

Si è dato corpo al fantasma, se non alla realtà di «due Chiese». Benedetto è stato strumentalizzato di volta in volta da anti bergogliani e bergogliani, per motivi opposti. E non è stato mai chiaro fino in fondo quanto il pontificato emerito abbia influenzato e condizionato quello del papa argentino; e quanto il Monastero Mater Ecclesiae, la «Madre della Chiesa», abbia segnato alcune mosse di Bergoglio e della sua corte di Casa Santa Marta, l’hotel dentro le mura vaticane dove vive dal giorno dell’elezione. Una tesi sostiene che finché le riforme di Francesco sono andate avanti spedite, la sintonia con Benedetto è stata totale. Ma quando si è capito che arrancavano, che apparivano troppo visionarie, è cresciuta la tentazione di vedere nella filiera dei nostalgici di Ratzinger i frenatori, e nel Monastero una sorta di contropotere allo stato latente.

Negli ultimi anni si è assistito a uno scontro neanche troppo larvato tra le frange più estreme dei «tifosi» dell’uno e dell’altro. Contro, va sottolineato, la volontà di Francesco e Benedetto. È un conflitto che negli ultimi mesi si è in qualche maniera quietato, o almeno diplomatizzato. Forse perché la voce del papa emerito si è affievolita fino a spegnersi: da alcuni mesi non riesce più a articolare le parole. O magari perché il rischio di una rottura troppo vistosa nella Chiesa cattolica ha suggerito una tregua di fatto tra fazioni. Ma difficilmente la dicotomia verrà archiviata o si spegnerà quando Benedetto morirà. Anzi, per paradosso potrebbe ravvivarsi, sommandosi alle voci di dimissioni dello stesso Francesco, che emergono a intermittenza per bocca dello stesso papa argentino.

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Così si è logorato il rapporto tra governo e Parlamento

giovedì, Dicembre 29th, 2022

di Sabino Cassese

Non è un fatto nuovo: la tendenza dei nostri esecutivi è da un po’ quella di non considerare centrale il rapporto con le Camere, ma quello diretto con i cittadini (tramite i sondaggi)

Da che cosa dipende la confusione dei giorni scorsi, nel corso dell’approvazione parlamentare del bilancio di previsione dello Stato per il 2023? I motivi contingenti sono noti. Il governo ha avuto solo due mesi per preparare il bilancio. La compagine esecutiva è fondata su una coalizione instabile, la cui coesione va verificata giorno per giorno. La spesa è in larga misura destinata a compensare il rincaro delle fonti di energia, e quindi si tratta di decidere sulle restanti somme, di ammontare limitato.

In Parlamento e nel governo vi sono «homines novi», con scarsa esperienza delle complesse procedure e poca competenza sulla intricata materia della finanza. Infine, il Parlamento, quando approva il bilancio, è alle prese con la decisione di gran lunga più difficile, sulla quale si misura il suo rapporto con il governo (per la Costituzione, solo il governo può presentare il progetto di legge di bilancio) e si determina la vita dello Stato (la finanza condiziona l’amministrazione, e quindi l’attuazione delle leggi, grazie al «potere della borsa»).

Ma è sulle cause strutturali e permanenti, che riguardano le modalità di raccordo tra governo e Parlamento e la maniera in cui la maggioranza dialoga con le opposizioni, che vorrei soffermarmi.

La confusione che ha regnato nel corso dell’esame parlamentare del bilancio è frutto di un indebolimento del rapporto governo-maggioranza parlamentare, che non riguarda solo l’esecutivo in carica, perché è una tendenza di lungo periodo, che si è accentuata in questa fine anno.

Il raccordo esecutivo-legislativo, nel modello classico, è definito dalla formula di origine ottocentesca, ripresa da Leopoldo Elia a metà del secolo scorso, per cui il governo è il «comitato direttivo della maggioranza parlamentare». Però, il governo, e più in generale la politica, sono più interessati, quotidianamente, ai rapporti con il Paese, rappresentati dai sondaggi, dalle reazioni sui «social», dalle frequenti elezioni parziali (regionali e locali) o europee, e dai mutamenti di un elettorato molto volatile che questi segnalano. Affidano i rapporti con il Parlamento a un apposito ministro senza portafoglio, introdotto nella compagine esecutiva alla metà del secolo scorso, ma la cui presenza è stata discontinua fino a venti anni fa. Una volta, di un apposito ministro non vi era bisogno perché tutto il governo dialogava quotidianamente con il Parlamento. Ora questo non accade più, sia a causa dei frequenti impegni internazionali dei ministri, sia a causa della prevalenza di una mentalità populistica, che mette l’enfasi sul Paese, piuttosto che sul Parlamento. Si tratta di una tendenza profonda, di una vena populistica che percorre la politica contemporanea, che porta in primo piano il dialogo con il Paese, piuttosto che con i suoi rappresentanti nelle Camere.

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Covid, c’è il rischio di varianti più pericolose dalla Cina?

giovedì, Dicembre 29th, 2022

di Silvia Turin

In Cina potrebbe effettivamente nascere una variante completamente nuova e molto distante dal ceppo Omicron, magari capace di superare la protezione offerta finora dai vaccini in uso

Covid, c’è il rischio di varianti più pericolose dalla Cina?
(Ap)

Perché la crescita delle infezioni in Cina è un dato allarmante per lo sviluppo di nuove varianti?
La probabilità di comparsa delle varianti cresce con l’aumentare della circolazione di Sars-CoV-2. In Cina alcune previsioni tracciano picchi di contagi con cifre abnormi: 3,7 milioni al giorno a metà gennaio e 4,2 milioni al giorno a marzo. I virus a Rna come il coronavirus commettono alcuni errori, chiamati «mutazioni», ogni volta che si riproducono. Nella maggior parte dei casi le mutazioni non determinano cambiamenti importanti. Tuttavia, più un virus circola più è probabile che nascano varianti significative, con caratteristiche di maggiore diffusività o patogenicità.

Perché in Cina la nuova ondata di Covid è così diffusiva?
A causa della politica «zero Covid» portata avanti dal Governo cinese, la popolazione locale è praticamente «naive», cioè non ha quasi avuto precedenti esposizioni al virus Sars-CoV-2. Non solo: gli anziani sono stati poco immunizzati e i vaccini offerti, Sinopharm e Coronavac, si sono dimostrati molto meno efficaci di quelli utilizzati in Europa e Usa. In base alle stime disponibili, solo il 25% della popolazione cinese avrebbe un qualche grado di immunità a Omicron (da vaccino o infezione). Il virus è libero di contagiare milioni di persone e di replicarsi e mutare milioni di volte.

Cosa temono le autorità sanitarie mondiali?
Soprattutto lo sviluppo e l’arrivo di una variante che potrebbe non derivare da Omicron. Nei primi due anni di pandemia le «varianti di preoccupazione» appartenevano a ceppi diversi (Alfa, Delta, Beta, Omicron), nell’ultimo anno invece si sono sviluppate solo sottovarianti di Omicron. Il problema è che in Cina, con una circolazione del virus così elevata, potrebbe effettivamente nascere una variante completamente nuova e molto distante dal ceppo Omicron, magari capace di superare la protezione offerta finora dai vaccini in uso.

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Cina, il nuovo esperimento sul Covid tiene il mondo col fiato sospeso

giovedì, Dicembre 29th, 2022

Xi Jinping ha allentato la politica “zero Covid”ma si sta prendendo rischi molto grossi

di Federico Rampini / CorriereTv

Il mondo intero deve tenere il fiato sospeso per il nuovo esperimento che si aperto sul Covid. Xi Jinping ha finito per piegarsi alle richieste popolari e ha cominciato ad allentare la politica “zero Covid”. Ma si sta prendendo rischi molto grossi. Smentisce se stesso (aveva promesso di mantenerla completamente immune dal contagio) ma ora per rendere ‘normale’ la vita dei cinesi deve esporli. Noi abbiamo avuto lockdown, tanti morti, buoni vaccini: ci stiamo avvicinando ad una sorta di immunità collettiva fatta di vari aspetti. I cinesi hanno pessimi vaccini, una popolazione poco esposta alla malattia perché sottoposta a lockdown rigidissimi e un sistema sanitario malconcio. Si parla già di pronto soccorsi oberati, di obitori dove arrivano numeri inusitati di salme. Il regime farà di tutto per nascondere che il Covid uccide anche su scala di massa: questo consentirà all’economia cinese un ritorno alla produzione normale?

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