A Kiev può bastare un pareggio confuso

Tutto sommato, il “pareggio confuso” pare meno improbabile della vittoria totale. O, al contrario, dell’estensione della guerra, connessa alla percezione del distacco americano dalla partita, che scatenerebbe i “falchi” russi e ucraini. A meno di non considerare che il crollo delle forniture d’acqua dolce alla Crimea provocato dalla catastrofe della diga di Nova Kakhovka possa preludere alla bandiera bianca a Sebastopoli. Per insostenibilità della Crimea occupata. In ogni caso, noi europei dovremmo essere consapevoli che anche una rapida vittoria militare di Kiev non può affatto esentarci dall’impegno nella ricostruzione dell’Ucraina devastata. Impresa oggi valutabile in oltre 400 miliardi di euro, quasi tutti affidati secondo BlackRock a investimenti privati. Senza contare la drastica perdita di capitale umano nel grande paese che all’indipendenza contava 51 milioni di abitanti e oggi ne ospita meno di 30, filorussi compresi. Unica consolazione, la fuga di alcuni oligarchi che in trent’anni avevano contribuito a rendere l’Ucraina il paese più povero d’Europa e uno dei più corrotti al mondo. Il minimo che possiamo fare è impedire che ritornino. Per dedicarsi alla ricostruzione non della patria ma dei loro imperi criminali.

LA STAMPA

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