Amministrative, resa dei conti interna: Lega oscurata da FdI, ma Meloni non sfonda

Federico Capurso

ROMA. Lo spoglio delle schede avanza lentamente. Forse troppo, per la coalizione di centrodestra che già dal tardo pomeriggio tradisce una certa impazienza: «Si va avanti a fatica, il Viminale è lento», notano gli uomini di Fratelli d’Italia. È ormai chiuso il conto dei comuni vinti, di quelli persi e dei ballottaggi che si dovranno affrontare, ma «quello che pesa davvero – ragionano nel partito di Giorgia Meloni – sarà il risultato ottenuto da ogni singola lista di partito».

In ballo ci sono 6,3 milioni di elettori, dal Piemonte alla Puglia, che rappresentano una delle ultime grandi prove di respiro nazionale di quest’anno. Anche da qui, dunque, da quello che si vedrà sotto la lente di ingrandimento, si potrà fare un bilancio dell’attività di governo e degli equilibri interni alla coalizione, territorio per territorio. E sempre da qui, nelle prossime settimane, si inizierà a impostare la lunga campagna elettorale che porterà alle elezioni europee del 2024, dove non esistono alleanze o coalizioni e ogni partito corre per sé.

Lo stato di salute della coalizione, che vince in quattro capoluoghi di provincia, contro i due del centrosinistra – ed è avanti in cinque grandi città al ballottaggio su sei – offre quella serenità utile soprattutto a guardare oltre. E qui, al di là delle luci dei riflettori puntati sui sindaci vincenti e sui comuni ancora in bilico, emergono le prime ombre. Quelle sulla Lega di Matteo Salvini, che non riesce ad arginare l’avanzata di Fratelli d’Italia al Nord. E quelle che si allungano sul partito di Meloni, dove preoccupa il trend generale che, seppur in crescita rispetto alle ultime amministrative, non sembra tenere il ritmo della cavalcata con cui FdI si è presentata alle ultime elezioni politiche, appena otto mesi fa. Forza Italia, dall’altra parte, si definisce «determinante» per la vittoria della coalizione, ma non può fare molto di più di fronte all’evidente cristallizzazione del suo ruolo di terza forza della coalizione.

Dietro i successi celebrati dalla grancassa leghista, a preoccupare il leader è soprattutto la sconfitta a Brescia, dove vince l’alleanza di centrosinistra e la Lega viene ampiamente doppiata da Fratelli d’Italia. L’argine costruito in occasione delle ultime regionali, in Lombardia come in Friuli Venezia Giulia, sembra essere crollato. Il “pericolo Meloni”, per il Carroccio, si nasconde anche tra le pieghe del buon risultato generale incassato in Lombardia: il centrodestra passa da 16 a 18 sindaci, eppure sempre più spesso, qui come in Veneto, è il partito della premier a trainare l’alleanza. La Lega resiste a Treviso, dove l’influenza del governatore Luca Zaia è forte, ma perde terreno a Vicenza. E anche nel veronese, terra da tempo sotto il controllo dei fedelissimi di Salvini, non va granché meglio: nei tre comuni più grandi al voto, tre sorpassi di Meloni. «Sui territori – ammettono i leghisti dal Veneto – c’è un po’ di delusione».

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