Tra movimentismo e responsabilità, così Elly Schlein costruisce il nuovo Pd

Eppure, anche lei sa che è sui temi divisivi all’interno del partito che si giocherà la qualità della sua segreteria e la sua capacità di incidere sul Pd. Chi l’ha votata il 26 febbraio, chi ha preferito l’incognita Schlein al solido amministratore Bonaccini, l’ha fatto in gran parte con un obiettivo: cambiare tutto. Sciogliere le correnti e sedare le liti di potere. «Bisogna tenere insieme coerenza e unità, salvaguardare il pluralismo senza rinunciare a una linea chiara», è il proposito che ha dichiarato fin dall’insediamento. Fosse facile, in un grande partito che mescola sensibilità diverse, dove spesso la via d’uscita a fratture inevitabili è stato adottare posizioni sufficientemente vaghe da poterle interpretare ciascuno a modo proprio. Per questo, ieri, parlare di termovalorizzatore, o di gestazione per altri, o di Ucraina, era un test atteso da tutto il partito. Come un’equilibrista sul filo ha scartato la trappola dell’ordine del giorno di Conte – «sul termovalorizzatore la scelta è già presa», il Pd vota no ma «continueremo a coltivare il dialogo» -, ha detto quello che pensa della gestazione per altri («io sono favorevole») ma aprendo al «confronto» («non l’abbiamo messa nella nostra mozione»), ha ribadito il sostegno al «popolo ucraino» ma ha detto no all’aumento delle spese militari. Ha fatto capire al governatore De Luca che non correrà per il terzo mandato sotto le insegne del Pd – «il mio orientamento è piuttosto sfavorevole» – ma sempre dando l’idea di voler condividere la decisione finale. È rimasta generica sulle alleanze: oggi, le opposizioni al Senato voteranno insieme sulla mozione sul 25 aprile e si divideranno alla Camera sul termovalorizzatore. Ma «c’è piena disponibilità al dialogo», garantisce, attenta a non pronunciare una parola fuori posto contro il Movimento.

In bilico tra la volontà di rimanere fedele a se stessa e al suo personaggio, e la necessità di trovare mediazioni, indispensabili alla guida di un partito a doppia percentuale. Tra il movimentismo delle origini, le sneaker, l’aria sempre un po’ da Università occupata, e il senso di responsabilità del nuovo ruolo. Anche in questo, in fondo, un po’ come Giorgia Meloni.

LA STAMPA

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