Pnrr, ritardo da 26 miliardi

PAOLO BARONI

ROMA. Mentre l’Italia è in attesa dell’esito dell’ultima richiesta di finanziamento, inviata alla Commissione europea il 30 dicembre, insieme alla documentazione che dovrebbe provare il raggiungimento delle 55 scadenze previste per il secondo semestre del 2022 (in ballo c’è una nuova rata da 19 miliardi di euro di fondi), il Pnrr nei primi mesi dell’anno segna un netto rallentamento. E soprattutto non decollano gli investimenti, anzi.

Secondo l’ultima verifica effettuata lo scorso 16 marzo da un soggetto indipendente, la Fondazione Openpolis, specializzata nella raccolta di dati e nell’analisi di fenomeni politici e sociali, delle 12 scadenze previste per il primo trimestre del 2023 solo tre risultano infatti «a buon punto», mentre altre 9 sono definite «in corso» e quindi, specifica l’ultimo report di Openpolis, «sono lontane dall’essere conseguite». A questo si aggiunge che rispetto al secondo semestre 2022 su 55 adempimenti, 12 non risulterebbero conseguiti (uno del terzo trimestre e 11 del quarto) e questo, salvo i chiarimenti che Roma ha fornito a Bruxelles, rende problematico il via libera della Commissione atteso entro la fine di questo mese.

Dal monitoraggio continuo effettuato dalla Fondazione, che col suo lavoro sopperisce alla mancanza di dati e quindi di trasparenza da parte del governo, emerge che mentre le riforme scontano un lieve ritardo rispetto ai programmi (siamo a 66,84% di quanto previsto contro il 74,38% che andrebbe completato a fine mese) sono gli investimenti a segnare il passo: su un totale di 221,5 miliardi messi sul tavolo, a ieri la spesa aveva infatti toccato quota 27,9% del totale contro il 39,5% che andrebbe realizzato entro il 31 marzo, ovvero fra una settimana. In pratica 61,81 miliardi anziché 87,51: all’appello ne mancano dunque ben 25,7.

Stentano gli investimenti in infrastrutture, vanno male i piani per la logistica, le rinnovabili ed il lavoro, e malissimo quelli legati al trasporto pubblico locale e mobilità dolce, scuola e università e inclusione. Bene solo la giustizia.

Secondo Openpolis la «situazione denota grandi difficoltà e scarsa attenzione da parte del governo al rispetto del cronoprogramma. Il governo non ha completato neanche una scadenza. Forse perché in ogni caso il prossimo controllo da parte di Bruxelles sarà a fine giugno, con la chiusura del primo semestre. E questo rende le scadenze dei trimestri intermedi meno impellenti».

Ma se si arriva tardi con gli impegni del primo trimestre, viene segnalato, sarà ancora più difficile poi completare il programma del secondo trimestre che va da aprile a giugno quando ci saranno altre 15 scadenze da raggiungere per poter richiedere una nuova rata di fondi pari a 18,4 miliardi (16 al netto della restituzione di una quota di anticipo).

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