Liliana Segre: «Iniziai a testimoniare quando divenni nonna»

La senatrice a vita, superstite della Shoah, spiega la scelta di raccontare l’orrore dopo quarantacinque anni di silenzio

CorriereTv

«Quando un silenzio, per l’impossibilità di parlare di un argomento, dura quarantacinque anni, la testimone si domanda se le uscirà la voce, a chi interesseranno le sue parole…». Inizia così la videointervista di Liliana Segre che pubblichiamo qui sopra, nella quale la senatrice a vita, superstite della Shoah, racconta la sua scelta di testimoniare. Una decisione presa «quando divenni nonna, esperienza straordinaria per una che sarebbe dovuta morire». Ha parlato per trent’anni, Liliana Segre, in centinaia di scuole, davanti a migliaia di studenti, fino a quando a novant’anni il dolore di rivivere ogni volta la tragica esperienza di Auschwitz e la fatica fisica non l’hanno portata a smettere. L’ultima indimenticabile testimonianza l’ha resa il 9 ottobre 2020 nella Cittadella della Pace di Rondine, un luogo quanto mai simbolico dove, in uno Studentato internazionale, giovani provenienti da Paesi in conflitto convivono e costruiscono il dialogo.

Il filmato che pubblichiamo, online nel Giorno della Memoria, nasce da un dialogo con il regista Ruggero Gabbai ed è prodotto dalla Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec), cui la senatrice ha deciso di donare l’archivio della sua testimonianza nelle scuole. Appunti su carte sparse e block notes d’epoca, ma anche tantissime lettere ricevute da alunni e insegnanti, articoli di giornale, contenuti didattici. Dal 1992 a oggi. «Intorno agli ottant’anni — ha raccontato lo scorso giugno Liliana Segre al «Corriere» — pensai di buttare tutti quei materiali. Non volevo restassero ai miei figli, già coinvolti nei traumi di una mamma sopravvissuta. Però non l’ho fatto. E quando il Cdec mi ha chiesto se poteva occuparsene, ho detto di sì». Sono documenti «che fin dall’inizio custodii religiosamente perché erano lo specchio di una profonda scelta di vita fatta a sessant’anni, un mare che mi ha travolto, una spinta inarrestabile a rompere il silenzio».

«Nel corso del nostro lavoro — spiegano ora gli archivisti Francesco Lisanti e Rori Mancino — ci siamo trovati di fronte alla costruzione e alla continua rielaborazione del racconto dell’esperienza individuale di una testimone diretta e di quanti, accanto a lei, non sopravvissero. Un’esperienza condivisa con studenti di diverse fasce d’età e di diversi indirizzi scolastici che, spesso, hanno ripreso ciò che avevano ascoltato, rielaborando le parole di Liliana Segre in modo personale e inviando a lei il risultato».

Nel video la senatrice, che non è mai più tornata ad Auschwitz, dove fu deportata a tredici anni, racconta anche un episodio del 1995. «Nel cinquantenario della liberazione, ero in macchina con mio marito e abbiamo sentito una cronaca in diretta in cui venivano descritti la regina d’Olanda e altri che erano lì. Tutti in pelliccia. Siccome io lo so cos’è il freddo, ho detto: come ho fatto bene a non andare. Li avrei obbligati a spogliarsi e avere freddo, perché non si può andare in pelliccia ad Auschwitz. Se uno vuole visitare quel posto, deve avere freddo e anche un po’ fame».

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.